Migranti: ong europee, “Nel piano Ue ricette fallimentari”


Oltre 5.000 persone e 112 imbarcazioni: è questo il numero di arrivi registrati sull’isola italiana di Lampedusa martedì scorso. Le imbarcazioni, la maggior parte delle quali arrivate autonomamente, provenivano dalla Tunisia o dalla Libia. In totale, dall’inizio dell’anno sono giunte sulle coste italiane oltre 118.500 persone, quasi il doppio rispetto alle 64.529 registrate nello stesso periodo del 2022. “Sebbene Lampedusa sia da lungo tempo una destinazione per le imbarcazioni di centinaia di persone che cercano rifugio in Europa – affermano le ong –  le strutture di accoglienza dell’isola sono carenti. Martedì, il salvataggio caotico di un’imbarcazione ha causato la morte di un bambino di 5 mesi, caduto in acqua e immediatamente annegato, mentre decine di imbarcazioni continuavano ad attraccare nel porto commerciale. Per diverse ore, centinaia di persone sono rimaste bloccate sul molo, senza acqua né cibo, prima di essere trasferite nell’hotspot di Lampedusa. L’hotspot, un centro di primo filtro dove le persone appena arrivate vengono tenute lontane e separate dalla popolazione locale e pre-identificate prima di essere trasferite sulla terraferma, con i suoi 389 posti, non ha alcuna capacità di accogliere dignitosamente le persone che arrivano quotidianamente sull’isola. Da martedì, il personale del centro è stato completamente sopraffatto dalla presenza di 6.000 persone. Alla Croce Rossa e al personale di altre organizzazioni è stato impedito di entrare nella struttura per ‘motivi di sicurezza’”.
Giovedì mattina, molte persone hanno iniziato a fuggire dall’hotspot saltando le recinzioni a causa della situazione disumana che si stava vivendo. “Nel frattempo, di fronte all’incapacità delle autorità italiane di fornire un’accoglienza dignitosa, la solidarietà locale ha preso il sopravvento. Molti abitanti si sono mobilitati per organizzare distribuzioni di cibo per coloro che si sono rifugiati in città”.
Il quadro è ancora più drammatico a Sfax. “In questo momento – spiegano le ong – circa 500 persone dormono in piazza Beb Jebli, senza quasi nessun accesso a cibo e assistenza medica. La maggior parte è stata costretta a fuggire da Sudan, Etiopia, Somalia, Ciad, Eritrea o Niger. Dopo le dichiarazioni razziste del presidente della Tunisia, Kais Saied, molti migranti sono stati espulsi dalle loro case e dai loro posti di lavoro. Altri sono stati deportati nel deserto, dove alcuni sono morti di sete”. L’Ue ha accettato il nuovo accordo con Tunisi “con piena consapevolezza delle atrocità compiute dal governo tunisino, compresi gli attacchi perpetrati dalle guardie costiere tunisine alle imbarcazioni dei migranti” e “la presidente della Commissione europea Von der Leyen ha annunciato un piano d’azione in 10 punti che conferma questa risposta securitaria. Rafforzare i controlli in mare a discapito dell’obbligo di soccorso, aumentare il ritmo delle espulsioni ed intensificare il processo di esternalizzazione delle frontiere… tutte vecchie ricette che l’Unione europea attua da decenni e che si sono rivelate fallimentari, oltre ad aggravare la crisi della solidarietà e la situazione delle persone in movimento”. (AGI)
FAB