«L’Europa deve uscire dall’equivoco in cui ha finito per cacciarsi negli anni della grande crisi economica, quando fu lasciata aperta solo la strada per i rifugiati politici. Quale fu la conseguenza? Chiunque volesse arrivare dichiarava di essere un perseguitato politico, mentre moltissimi erano perseguitati dalla fame”. Giuliano Amato affronta la questione nell’intervista a Repubblica in cui ricorda ancora che “più volte ci siamo posti una domanda che oggi esigerebbe finalmente una risposta: ma perché l’Europa non riconosce lo status di rifugiato economico, assumendosi la stessa Europa la responsabilità dil’Europa non riconosce lo status di rifugiato economico, assumendosi la stessa Europa la responsabilità di fissarne i presupposti?”.
“Non è ammissibile sul piano dei diritti umani che si accolgano i perseguitati dei regimi e si respinga chi scappa da carestia e fame. Che cosa tornano a fare in quei Paesi se non c’è niente da mangiare?», sottolinea.
Poi ci sono i rimpatri. “Questo – annota – è un altro punto centrale. Entrano in centomila, trentamila avranno forse lo status di rifugiato politico: degli altri settantamila, forse quattromila saranno rimandati a casa. E gli altri? Se nessuno li accoglie e li forma, finiranno per ciondolare intorno alla Stazione Centrale a Milano, o a Termini a Roma, potenziale manovalanza per la criminalità organizzata”.
“Segnalo che in paesi come la Germania, indipendentemente dal titolo di rifugiati, i migranti vengono ammessi ai corsi di formazione e aiutati a entrare nel mondo del lavoro. Noi in questi anni abbiamo ridotto le attività nei confronti dei richiedenti asilo. Con il risultato – rileva ancora l’ex presidente del Consiglio – di lasciarli allo sbando, rendendo difficili le relazioni con la popolazione». (AGI)
BAL