L’Unione europea boccia l’ipotesi di una proroga breve per la Brexit, voluta da Theresa May, che per averla ha incontrato per un paio d’ore Jeremy Corbyn, concordato con il capo dell’opposizione un “programma di lavoro” e così tentato di avviare quello che nel gergo politico italiano viene definito “ribaltone”.
Bruxelles non vuol saperne di rischiare un salto nel buio, lo stesso in cui Londra potrebbe precipitare tra nove giorni. “Abbiamo qualche giorno in più, se ci sarà una maggioranza sostenibile del Parlamento del Regno Unito sull’accordo di ritiro entro il 12 aprile, allora la Ue è pronta ad accettare una proroga di Brexit. Se la Camera dei Comuni non si pronuncerà, nessuna proroga breve sarà possibile, perché questo minaccia il buon funzionamento dell’Unione europea e le stesse elezioni europee”, ha detto il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, intervenendo al parlamento europeo.
Un rinvio è possibile?
L’Ue ritiene “il no-deal un’ipotesi sempre più verosimile” ma, ha aggiunto, “lavoreremo fino all’ultimo momento per evitare un mancato accordo. I soli che approfitterebbero dello shock di un no-deal sono gli avversari di un ordine mondiale basato sulle regole, i soli che si vedrebbero rafforzati sono i populisti e i nazionalisti, e i soli che gioirebbero sono quelli che vogliono indebolire al contempo l’Ue e – non sbagliatevi – il Regno Unito”.
Ciò che desidera Bruxelles, in realtà, è quel che i brexiteers più accaniti temono: un lungo rinvio (a gennaio o aprile del 2020), del divorzio, e che abbia come condizione la realizzazione in Gran Bretagna delle elezioni del Parlamento europeo. “Se si va verso uno scenario di no-deal, potremmo offrire una estensione di circa un anno dell’art. 50”, ha affermato una autorevole fonte diplomatica al Financial Times, ma questa ipotesi incontra l’opposizione di attori importanti come Parigi, e anche dello stesso Michel Barnier, il capo negoziatore dell’Ue, che ha spesso detto di vedervi dei “rischi”.
Oggi la stampa britannica, che spesso ha criticato il costume politico italiano, è costretta ad assistere e commentare scene tipiche della politica romana, e a decifrare comunicati che dicono tutto e nulla, buoni per essere smentiti un attimo dopo la loro elaborazone: May (che ha registrato le dimissioni di un altro ministro e del sottosegretario per la Brexit) e Corbyn “hanno mostrato flessibilità e impegno per mettere fine all’incertezza attuale”, ha affermato un portavoce di Downing Street al termine dell’incontro tra la premier britannica e il capo del Labour.
L’incontro è stato “costruttivo”, e ha visto i due “concordare un programma di lavoro in grado di assicurare al popolo britannico protezione dei posti di lavoro e sicurezza”. Anche la nota del Labour parla di “incontro costruttivo”, ma negli stessi minuti in cui veniva diramata lo stesso Corbyn arrivava a smontarne una interpretazione ottimistica: “Non ci sono stati molti cambiamenti come mi aspettavo. L’incontro è stato utile ma non risolutivo”.
L’ultima chance
L’ultimo appiglio parlamentare per la premier britannica è l’approvazione del disegno di legge Letwin- Cooper che evita il ‘no deal’ di default, ma, dopo un’approvazione in seconda lettura dei principi generali, la bozza dovrà andare al Committee stage per un’analisi approfondita, poi tornare in aula per una terza lettura e quindi passare al vaglio dei Lords: i tempi rischiano per il momento di non essere compatibili con la corsa contro il tempo intrapresa dalla premier britannica e se ne è accorta anche la Bank of England, che ha definito “allarmante” il rischio che il Regno Unito esca dalla Ue senza un accordo. Bruxelles ribadisce di essere pronta a tale esito.
“Tutti i paesi della Ue sono preparati”, ha detto il Commissario Ue, Pierre Moscovici. “Anche il porto di Napoli – ha precisato – sarà interessato, sarà una questione di amministrazione interna. Ma tutte le amministrazioni sono pronte”. Il livello di preparazione delle imprese, invece, è “meno avanzato”. “L’appello che lancio oggi – ha aggiunto – è a intensificare questa campagna” di preparazione. Il messaggio alle imprese è preparatevi”.
L’Ue intende condurre controlli “rigorosi” alle dogane. “Preferisco – ha spiegato Moscovici – dei controlli rigorosi e file di camion a una crisi sanitaria o traffici illegali; la sicurezza degli europei sarà la nostra priorità assoluta”. “Il Regno Unito – ha sottolineato – diventerebbe uno Stato terzo da un giorno all’altro: ci sarebbe un cambio giuridico istantaneo, radicale, molto sostanziale per Londra, i nostri stati membri e le nostre imprese”.
Alle merci che “oggi circolano senza controlli, né formalità doganali” tra le due sponde della Manica verrebbe applicato immediatamente il codice doganale europeo. “I bagagli e le merci sarebbero oggetto di controlli doganali – ha spiegato Moscovici – e i viaggiatori in provenienza del Regno Unito non potrebbero trasportare alcune merci come i prodotti di origine animali o somme contanti superiori ai 10 mila euro che dovrebbero essere dichiarate”.
Vi saranno controlli doganali, ovviamente, tra Irlanda e Irlanda del Nord. “Se il Regno Unito dovesse abbandonare la Ue senza accordo entro il 12 aprile – ha concluso – allora sarà il 7 maggio, quando saranno presentate le nostre previsioni di primavera”, che sarà fatto il punto sull’impatto dell’uscita di Londra dall’Unione”.
Vedi: May e Corbyn provano il ribaltone sulla Brexit
Fonte: estero agi