“Vorrei segnalare un ultimo aspetto che mi sembra di grande interesse”, dice Sergio Mattarella che chiude la cerimonia a Milano in onore di Manzoni segnalando che “sono state scritte pagine illuminanti sulla vicinanza, l’empatia, la condivisione dell’autore dei Promessi Sposi nei confronti delle masse popolari, che per la prima volta diventano protagoniste di un romanzo”.
“Utilizzando una terminologia odierna – riprende il Presidente della Repubblica – possiamo parlare di un Manzoni certamente “popolare”, ma non “populista”. Il legame controverso che Manzoni stabilisce tra potere e opinione pubblica, tra giustizia e sentimenti diffusi, ci induce a riflettere, sia pure in tempi incommensurabilmente distanti, sui pericoli che corrono oggi le società democratiche di fronte alla diffusione del distorto e aggressivo uso dei social media, dell’accentramento dei mezzi di comunicazione nelle mani di pochi, della disinformazione organizzata e dei tentativi di sistematica manipolazione della realtà”.
“E, anche – avverte ancora Mattarella – sulla tendenza, registrabile in tutto il mondo, delle classi dirigenti a assecondare la propria base elettorale o di consenso e i suoi mutevoli umori, registrati di giorno in giorno attraverso i sondaggi, piuttosto che dedicarsi a costruire politiche di ampio respiro, capaci di resistere agli anni e di definire il futuro”.
“Già nei Promessi Sposi, nei capitoli dedicati alla peste, Manzoni scriveva icasticamente a proposito di questi rischi: “Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”. La “Storia della Colonna infame”, un capolavoro di letteratura civile, compreso e rivalutato solo a partire dal secolo scorso, ci ammonisce di quanto siano perniciosi gli umori delle folle anonime, i pregiudizi, gli stereotipi; e di quali rischi – ammonisce ancora il Capo dello Stato – si corrano quando i detentori del potere, politico, legislativo o giudiziario, si adoperino per compiacerli a ogni costo, cercando solo un effimero consenso”.
“Un combinato micidiale, che invece di generare giustizia, ordine e prosperità, che è il compito precipuo di chi è chiamato a dirigere, produce tragedie, lutti e rovine”, segnala ancora Mattarella. (AGI)
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