Marie Curie e la scoperta del radio


 

 

Il 21 dicembre 1898 il radio fu isolato dai coniugi Curie nella pechblenda, un minerale grezzo: storia del primo incontro con una delle sostanze più radioattive in natura.

Marie e Pierre Curie nel loro laboratorio. Fino alla fama inaspettata giunta con il primo Nobel, nel 1903, i due scienziati vissero un’esistenza ritirata, votata a un incessante lavoro di ricerca.

 

La ricerca scientifica può procedere con estrema lentezza, ma la fine dell’Ottocento fu un periodo estremamente proficuo, per la Chimica, con fondamentali scoperte che si susseguirono in una manciata di anni. Oggi è l’anniversario di quella del radio, un elemento chimico estremamente raro scoperto il 21 dicembre 1898 dai coniugi Marie e Pierre Curie.

 

LE PREMESSE. Tre anni prima, nei giorni successivi al Natale del 1895, era stata resa nota la scoperta dei raggi X (del fisico tedesco tedesco Wilhelm Conrad Röntgen, per approfondire). Molti scienziati orientarono allora le ricerche sui raggi X, affascinati dalla loro capacità di rendere osservabile l’invisibile. Marie Curie, una giovane dottoranda polacca alla Sorbona di Parigi, era incuriosita invece da un altro nuovo e misterioso tipo di radiazione, individuato nel 1896 dal fisico francese Henri Becquerel mentre studiava la fosforescenza dei sali di uranio.

PROPRIETÀ RICORRENTE. Analizzando sistematicamente l’uranio in diversi composti e forme con uno strumento messo a punto dal marito Pierre, l’elettrometro (per la misurazione delle correnti elettriche deboli) Marie Curie realizzò che l’emettere radiazioni è una proprietà atomica dell’uranio. Chiamò il fenomeno radioattività, ma si accorse, ben presto, che i minerali contenenti uranio erano più radioattivi dell’uranio stesso.

 

RITORNO ALLE ORIGINI. Le sue analisi si concentrarono sulla pechblenda, un minerale grezzo che contiene uranio e torio, un altro elemento radioattivo, estratta dalle Miniere dei Monti Metalliferi dell’odierna Repubblica Ceca. La pechblenda risultava molto più radioattiva rispetto alla quantità di uranio e torio che conteneva: doveva esserci qualcos’altro dietro alle sue proprietà.

Una prima risposta arrivò nel luglio 1898, quando Marie e Pierre identificarono una sostanza 300 volte più attiva dell’uranio: il polonio, chiamato così in onore delle origini della scienziata.

 

UN NUOVO ELEMENTO. Pochi mesi dopo, i coniugi informarono l’Accademia delle Scienze di aver individuato nelle analisi dei campioni la linea spettrale di una nuova sostanza, sconosciuta fino ad allora e 900 volte più radioattiva dell’uranio: il radio.

Per la scoperta di radio e polonio, Marie Curie avrebbe vinto il Nobel per la Chimica nel 1911 (otto anni prima aveva vinto un altro Nobel, per la fisica, insieme a Pierre Curie e a metà con Becquerel, per le ricerche sui fenomeni radioattivi).

 

RICERCHE PERICOLOSE. Sarebbero serviti altri quattro anni di lavoro per determinare il peso atomico della nuova sostanza estratta, nella quantità di pochi granelli di sabbia, dalla lavorazione di 10 tonnellate di pechblenda, in un capannone faticosamente ottenuto dai Curie per le loro ricerche.

La pericolosità del radio per la salute passò inosservata per un paio di decenni, e i Curie furono i primi a patirne gli effetti collaterali (nel caso di Marie, fino alla morte). A lungo i prodotti radioattivi furono ritenuti una panacea per tutti i mali e molto frequentemente impiegati in antireumatici, saponette, dentifrici, cosmetici, farmaci universali, acque miracolose…

 

Fonte: focus.it