Manovra: Spi Cgil Sardegna in piazza il 29/10 a Cagliari


In Sardegna il 33% dei pensionati e delle pensionate, categoria che rappresenta il 36% dei residenti, percepisce dall’Inps un assegno tra i 500 e i 749 euro. Gli anziani sono spesso costretti a rinunciare alle cure e non possono contare sui medici di famiglia, ridotti del 34,2% negli ultimi anni. Lo ricorda la Spi Cgil regionale che martedì prossimo, 29 novembre, parteciperà alla mobilitazione nazionale con una manifestazione a Cagliari, in piazza Garibaldi, dalle 10. Sarà presente il segretario nazionale Stefano Cecconi. Il sindacato contesta la proposta di legge di bilancio del Governo.
“I pensionati e le pensionati sono allo stremo, il loro contributo al fisco è il doppio della media europea ma in cambio subiscono tagli ai servizi, alla sanità, al welfare e, da soli, con pensioni risicate, devono supportare le famiglie impoverite dall’assenza di lavoro, dalla precarietà, dall’inflazione”, dichiara il segretario regionale dello Spi Sardegna, Giacomo Migheli. “Rre euro in più al mese secondo i calcoli del Sole24Ore per le pensioni minime, da 614 a 617 euro, un’offesa alla dignità che noi respingiamo, rivendicando provvedimenti incisivi”.
Le ripercussioni della manovra, che prevede una riduzione della rivalutazione della quasi totalità delle pensioni, sarebbero devastanti, secondo il dati analizzati dal Centro studi della Cgil Sardegna: una pensione che nel 2022 ammontava a 1.732 euro mensili subirà un taglio di 968 euro l’anno e chi percepisce pensioni più basse – la stragrande maggioranza in Sardegna – patisce e patirà il crollo del potere d’acquisto. Per oltre il 20% l’importo è sotto i 500 euro, per il 33% tra i 500 e i 749 euro. Gli ex lavoratori dipendenti, secondo dati Inps, percepiscono un importo medio inferiore a quello nazionale, con sensibili differenze di genere: 1,599 euro per gli uomini (1,897 euro in Italia), 830 quello femminile (989 euro la media nazionale). Nel frattempo, rileva lo Spi, i pensionati si fanno carico di figli e nipoti precari, “perché le scelte politiche continuano a sfavorire l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, ad esempio bloccando il turn over nella pubblica amministrazione o tentando di incentivare i più anziani a restare a lavoro”. “In questo quadro drammatico”, denuncia Migheli, “si inserisce il tentativo di smantellare il servizio sanitario pubblico nazionale, dirottando risorse verso il privato mentre noi rivendichiamo investimenti sulla non-autosufficienza, per il diritto alle cure e all’assistenza che, purtroppo, anche nell’Isola sono sostanzialmente negate”.
Da almeno 7 anni la Sardegna è al primo posto in Italia per percentuale di famiglie che rinunciano alle cure (fonte Gimbe): 13,7% nel 2023, +1,4% rispetto all’anno precedente, contro una media nazionale del 7,6%. Scoraggiano le lunghe liste d’attesa e i redditi bassi che non possono sopperire alle carenze del servizio sanitario pubblico.
La Sardegna è la prima regione in Italia per riduzione del numero di medici di famiglia: -34,2% tra il 2019 e il 2022, a fronte di una media nazionale di -11%.
“Vogliamo che il governo adegui le pensioni al costo della vita e riduca le aliquote fiscali”, rivendica Migheli, “con una riforma redistributiva equa e solidale”. (AGI)