Convegno a Palermo, a 45 anni dal duplice omicidio di mafia, dal titolo “Cesare Terranova: il giudice e l’impegno parlamentare”, nella sala Piersanti Mattarella di Palazzo dei Normanni, a Palermo. Ricordata la storia umana, politica e professionale del magistrato, e del poliziotto Lenin Mancuso, suo stretto collaboratore. Il suo fu un “omicidio preventivo”, è stato detto. La mafia non voleva che riprendesse la sua attività di consigliere istruttore a Palermo, dopo la sua esperienza in Commissione antimafia, prevedendo che avrebbe assunto la guida dell’ufficio giudiziario siciliano: “Fu ucciso per quello che doveva fare, ma anche per quello che aveva fatto”.
“Ricordo bene gli anni parlamentari di mio zio – ha detto Francesca, figlia del fratello più piccolo di Cesare, Tullio – come ad esempio quelle lettere che si erano scambiate con Emanuele Macaluso, sulla possibilità di candidarsi alle Europee. Un carteggio che ho avuto in dono proprio da Macaluso. E’ importante, come fatto oggi, la riflessione sull’umanità, la compassione, l’impegno e la passione che metteva Cesare Terranova in tutto ciò che faceva. I metodi erano diversi, i mezzi insufficienti. E rendo conto di quanto fosse complicato quello che ha fatto”.
Anthony Barbagallo ha detto di sentirsi carico di una “duplice responsabilità: quella di segretario regionale del Pd siciliano che qui è rappresentato ai massimi livelli. E quella di segretario della Commissione nazionale antimafia, lo stesso ruolo ricoperto dal giudice nel corso della sua esperienza parlamentare, quando contribuì fattivamente e con la sua esperienza, alla stesura della relazione di minoranza in cui si anticipavano largamente i tempi accendendo i riflettori sulla mafia e in particolare sull’ascesa dei corleonesi. Il 16 luglio 1975 fece infatti un intervento eloquente in commissione, facendo i nomi e cognomi e riferimenti espliciti, in quel tempo, a Salvo Lima e Vito Ciancimino. Questa è un’occasione per apprezzare il lavoro di Terranova con la consapevolezza che la mafia non è ancora stata sconfitta. Serve uno sforzo di volontà, di trasparenza per dare il colpo decisivo”.
“Il 25 settembre è una di quelle date drammatiche – ha detto il presidente dell’Antimafia regionale, Antonello Cracolici – per il calendario dei siciliani onesti: segna infatti l’uccisione mafiosa del giudice Cesare Terranova, assassinato insieme al maresciallo Lenin Mancuso, ma anche del presidente della corte d’Appello di Caltanissetta, Antonino Saetta. Due magistrati che avevano intuito anzitempo la pericolosità e il rischio di infiltrazioni di cosa nostra, in un periodo di complicità e negazione del fenomeno mafioso da parte delle istituzioni”. “L’impianto della nuova direttiva europea è coerente con la legge Rognoni-La Torre, cui ha contribuito concretamente anche Cesare Terranova. Lo dico – ha detto l’eurodeputato Giuseppe Lupo, in video collegamento da Bruxelles – perché a nessuno venga in mente di modificare la legge italiana che ha dato risultati più che soddisfacenti. Ci sono dei punti su cui si può intervenire. A esempio per quanto riguarda sul recupero dei beni confiscati. In Italia abbiamo L’agenzia dei beni confiscati che però non può intervenire prima della confisca. Mentre la direttiva europea prevede che si possa fare anche nella fase di indagini. Questo secondo me è un punto su cui lavorare per provare a recepirlo nel modo più efficace”. “E’ un ricordo di Terranova che facciamo – ha detto il parlamentare Pd, Peppe Provenzano, componente della commissione nazionale antimafia – per un magistrato che fu il primo a dire le cose come stavano, a citare con atti e nomi e cognomi mentre alcuni suoi colleghi addirittura negavano l’esistenza della mafia stessa. E’ riduttivo dire che il suo omicidio sia stato solo per vendetta. La mafia non voleva che riprendesse la sua attività di consigliere istruttore a Palermo, dopo la sua esperienza in commissione antimafia. Era un omicidio preventivo: fu ucciso per quello che doveva fare ma anche per quello che aveva fatto. Lui chiarisce al mondo, con le indagini, chi erano i corleonesi che cominciavano la loro ascesa. C’erano già i nomi di Liggio, Riina e Provenzano in indagini senza pentiti e senza intercettazioni, frutto di una profonda conoscenza del fenomeno”.
“Il Parlamento europeo ha approvato – ha affermato Antonio Balsamo, sostituto procuratore generale in Cassazione – la nuova Direttiva sul recupero e la confisca dei beni, che può essere definita come una legge Rognoni-La Torre europea. La nuova Direttiva è il frutto di una duplice consapevolezza. Da un lato, emerge con sempre maggiore chiarezza la minaccia posta all’integrità dell’economia e della società, allo Stato di diritto, e ai diritti fondamentali, dai profitti generati dalla criminalità organizzata, il cui ammontare viene stimato in almeno 13 miliardi all’anno. Dall’altro lato, anche nelle istituzioni internazionali viene espresso un forte sostegno allo strumento della confisca non basata sulla condanna. In effetti, la più importante innovazione introdotta consiste nell’armonizzazione delle legislazioni degli Stati europei su due nuove forme di confisca non basate sulla condanna, una delle quali – precisamente, la confisca di patrimonio ingiustificato collegato a condotte criminose – presenta tutte le caratteristiche essenziali delle misure di prevenzione patrimoniali antimafia introdotte in Italia nel 1982 dalla legge Rognoni-La Torre”. (AGI)