M.O: bufera su piano Trump, trattative per Yehud

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Viene ancora messa a dura prova la fragile tregua tra Israele e Hamas su Gaza: a gettare altra benzina sul fuoco è il piano per ‘ripulire’ la Striscia del presidente Donald Trump, accolto da una valanga di critiche dalle autorità dell’enclave palestinese e dai Paesi direttamente interessati. Nel contempo, sono proseguiti anche oggi gli scambi di accuse tra Israele e Hamas per le violazioni della tregua e il non rispetto dell’accordo sugli ostaggi, dopo la mancata liberazione ieri di Arbel Yehud, una donna civile. Al suo posto sono state rilasciate quattro soldatesse dell’Idf. Un punto dell’accordo disatteso con il quale Israele giustifica la sua decisione di vietare il ritorno dei residenti nel nord della Striscia di Gaza, bloccati a migliaia vicino al corridoio di Netzarim.
Il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen ha espresso “forte rifiuto e condanna di qualsiasi progetto di sfollamento” dei palestinesi dalla Striscia di Gaza, che secondo le stime riguarderebbe 1,5 mln di persone. Mazen ha “contattato con urgenza i leader dei Paesi arabi ed europei e degli Stati Uniti”, sottolineando che “il popolo palestinese non abbandonerà la propria terra e i propri luoghi sacri”. I vertici di Hamas, che governano a Gaza, si opporranno anche loro all’idea del presidente Usa di trasferire i cittadini di Gaza in Egitto e Giordania. “Come ha sventato ogni piano di sfollamento e di patrie alternative nel corso dei decenni, la nostra gente sventerà anche tali progetti”, ha detto Bassem Naim, un membro dell’ufficio politico di Hamas. “Affermiamo che questa idea rimarrà una mera illusione nelle menti di coloro che la propongono, destinata a fallire come tutti i precedenti piani e tentativi di trasferimento degli ultimi decenni”, ha reagito l’Ufficio stampa del governo di Gaza. “Mettiamo in guardia dallo sfruttare la catastrofica situazione umanitaria di Gaza, causata dal genocidio commesso dall’occupazione. Chiediamo un’azione rapida per rispondere alle diverse esigenze di vita e umanitarie dei residenti di Gaza e per accelerare gli sforzi di accoglienza, soccorso e ricostruzione”, ha sottolineato la stessa fonte. L’Ufficio ha invitato le organizzazioni internazionali e i Paesi arabi e islamici a sostenere con fermezza “il diritto dei rifugiati a tornare e a ricevere un risarcimento”. “È essenziale che il nostro popolo possa determinare il proprio destino, liberarsi dall’occupazione e stabilire uno Stato indipendente con Gerusalemme come capitale”, ha concluso la stessa fonte.
“La gente di Gaza ha sopportato la morte e si è rifiutata di lasciare la propria patria e non la lascerà a prescindere da qualsiasi altra ragione”, ha dichiarato Sami Abu Zuhri, funzionario di Hamas, esortando il presidente Trump a non ripetere le idee “fallite” del suo predecessore Joe Biden. Il ministro degli Esteri della Giordania ha espresso formalmente il “rifiuto” del suo Paese a uno “sfollamento forzato” dei palestinesi. “Il nostro rifiuto dello sfollamento dei palestinesi è fermo e non cambierà. La Giordania è per i giordani e la Palestina è per i palestinesi”, ha detto Ayman Safadi. Intanto a Gaza regnano caos e incertezza per la sorte di decine di migliaia di palestinesi sfollati bloccati dal ritorno al nord della Striscia, a causa di una barriera militare israeliana, e dei prossimi ostaggi israeliani a tornare liberi. “Decine di migliaia di sfollati stanno aspettando vicino al corridoio di Netzarim per tornare nel Nord della Striscia di Gaza”, ha riferito il portavoce dell’agenzia di difesa civile di Mahmud Bassal. Il numero totale di abitanti di Gaza che vogliono tornare a nord a “tra 615.000 e 650.000”.
Il corridoio Netzarim è una striscia di terra di sette chilometri militarizzata da Israele che taglia in due Gaza dal confine israeliano al Mar Mediterraneo. Come parte dell’accordo di cessate il fuoco iniziato una settimana fa, Israele avrebbe dovuto consentire agli sfollati di Gaza di attraversare il corridoio e tornare alle loro case, ma ciò non è avvenuto.
Israele, dal canto suo, ha accusato Hamas di aver rinnegato l’accordo non rilasciando ieri Arbel Yehud, una degli ostaggi civili catturati durante l’attacco del 7 ottobre 2023. “Il Primo Ministro Netanyahu è fermo sulla decisione presa di non permettere il passaggio dei gazesi verso nord attraverso il corridoio di Netzarim fino a quando non sarà risolta la questione del ritorno di Arbel Yehud”, ha dichiarato un funzionario, senza specificare le conseguenze di un suo mancato rilascio. Tuttavia Hamas ha diramato una dichiarazione in cui afferma che Yehud è viva e sostiene di aver dato “tutte le garanzie necessarie per il suo rilascio”. Un’altra presunta violazione dell’accordo da parte di Hamas riguarda la mancata consegna di una lista che indichi quali degli ostaggi rimanenti – che dovrebbero essere rilasciati nella prima fase di 42 giorni – sono ancora vivi.
A complicare la vicenda della 28enne Yehud è il fatto che sia detenuta dalla Jihad islamica palestinese – e non da Hamas – che ha assicurato di aspettarsi una svolta sulle trattative per la sua liberazione già nelle prossime ore. Secondo quanto riferito da una fonte interna ad Al Jazeera, il gruppo terroristico di Gaza è in contatto con mediatori per risolvere la crisi, pertanto Yehud potrebbe essere rilasciata prima della prossima consegna degli ostaggi, sabato prossimo. Se per la Jihad islamica l’accordo è fatto o quasi, l’ufficio del premier Netanyahu è più prudente, riferendo che i colloqui sono tutt’ora in corso.
In un contesto di grande incertezza, secondo quanto riferito dal canale israeliano 13, l’inviato del presidente Usa Donald Trump per il Medio Oriente, Steve Witkoff, dovrebbe arrivare in Israele mercoledì 29 gennaio per supervisionare il fragile cessate il fuoco a Gaza. (AGI)