Per qualche ora, Capri è stata l’ombelico della politica estera mondiale. Era da mercoledì sera che tra i vicoli che si inerpicano sull’isola, di fronte al Golfo di Napoli, si tessevano le fila della diplomazia internazionale. Turisti e cameraman, delegazioni e ristoratori, tutti mescolati senza apparente intralcio. Del resto l’isola è abituata a grandi eventi: vi era di casa Jacqueline Kennedy, d’estate si vedono Leonardo Di Caprio e Jennifer Lopez, nessuno si stupisce di nulla. Tantomeno della cena al lume di candela del capo della diplomazia Usa, Antony Blinken, con la moglie, su un terrazzino a strapiombo sull’iconica piazzetta salotto.
Ma stamane, dopo la notizia che era stata colpita una base aerea a Isfahan, il cuore della difesa area iraniana, vicino a un importante impianto nucleare, per qualche ora l’isola dei Faraglioni è diventata il fulcro delle tensioni, anche perché si è temuta una rappresaglia immediata, che per fortuna non c’è stata.
E’ stato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha dato al mondo l’annuncio che gli Usa erano stati avvisati “all’ultimo minuto” dell’incursione. Fonti americane hanno aggiunto che era stato un missile israeliano a prendere di mira l’Iran. Blinken ha chiarito che gli Usa non erano stati coinvolti in alcuna azione, ma si è rifiutato di confermare che Israele aveva dato a Washington un preavviso dell’azione: “Non ho intenzione di parlarne se non per dire che gli Stati Uniti non sono stati coinvolti in alcuna operazione offensiva”. E’ un momento in cui le relazioni tra gli Stati Uniti e il loro principale alleato in Medio Oriente sono sempre più gelide e dal tono si capisce. Ci sono state esplosioni a Isfahan e Tabriz, forse anche in Siria, ma l’Iran minimizza: fa sapere che non è successo nulla di speciale e non ci sarà alcun attacco di rappresaglia. E mentre dal Medio Oriente si rincorrono le notizie, a Capri le parole d’ordine sono de-escalation e moderazione. Lo ripetono i ministri, lo sintetizza il documento finale firmato. “Ha prevalso il buon senso, non ci sono state vittime”, fa notare Tajani quando incontra la stampa dopo quasi tre ore di colloquio con i colleghi. Il timore che Israele desse una risposta incendiaria all’attacco subìto sabato scorso dall’Iran sembra per ora sfumato. “Quando tra amici si invia un messaggio, evidentemente si innesca una riflessione”, osserva il vice premier che promette impegno ulteriore per la de-escalation. Oggi è il primo passo: “Non so quanto sia possibile che Israele e Iran si siedano attorno a un tavolo ma ora conta la de-escalation, che si concluda questa fase e si apra una stagione diversa: arrivare a una tregua, far entrare aiuti a Gaza, liberare gli ostaggi, ridurre l’aggressività di Houthi e Hezbollah”.
L’Italia, che ha la presidenza di turno del G7, può giocare un ruolo di primo piano, incalza Blinken. “Parli con chi ha buoni rapporti in Medio Oriente”: il riferimento evidente è all’Iran. “L’Italia ha i contatti diretti e penso che si sia visto, nelle due ultime settimane. E’ importante alimentarli per evitare escalation e un conflitto più ampio, regionale”. Ministro Tajani, a quando la telefonata all’Iran? Tajani, che ormai sta lasciando l’isola e si gode i saluti e i complimenti degli isolani prima di salire sul traghetto, si volta sorpreso: “Datemi un po’ di respiro, si è appena conclusa questa giornata”. (AGI)
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