L'unico che può mettere d'accordo Putin e Merkel è Trump


Di sicuro c’è solo che, quando si vedono, non parlano inglese: lui ha un tedesco impeccabile; lei domina il russo da quando era studentessa, nell’allora Ddr. Per il resto, quando Vladimir Putin si incontra con Angela Merkel, non si sa mai come va a finire. Persino con lei che rinfaccia a lui il suo passato da agente del Kgb, e lui che fa trovare a lei il suo labrador, pronto a saltarle sulle ginocchia. E lei ha notoriamente paura dei cani.

L’incontro nel castello di Meseberg non può che registrare quello che già tutti sanno, e cioè che l’interesse a capirsi un po’ meglio è reciproco, ma le questioni sul tappeto sono talli da continuare a tenere i due paesi lontani e distanti, almeno per un futuro prossimo.

A conclusione del vertice Putin e Merkel si sono detti "preoccupati" per la guerra dei dazi scatenata dagli Stati Uniti. Per presidente russo e la cancelliera tedesca – ha spiegato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov – le "imprevedibili decisioni prese da determinate parti hanno conseguenze negative sul commercio internazionale e sulle future relazioni economiche" tra i Paesi. 

Prussia for Russia

Eppure i rapporti tra Berlino e Mosca sono storicamente complessi, e non necessariamente negativi. Persino nel Novecento, nella sua ultima parte, il filo dell’intesa reciproca tra le due capitali non è mai spezzato. Tanto che, appena dopo il crollo del Muro di Berlino, l’allora cancelliere federale Helmut Kohl, mentore di Merkel, aprì immediatamente agli aiuti europei all’Urss di Gorbaciov. “Russia for Russia”, sintetizzano a Londra.

Ma ora i punti di divisione ci sono, e sono molti.

Il Cremlino suscita ancora timori

Innanzitutto la questione ucraina. La Germania guida il fronte europeo che non accetta l’annessione della Crimea da parte del Cremlino. E, più in generale, è moto irritata dal fatto che la causa scatenante della crisi fu la decisione di Kiev di raggiungere proprio con l’Ue un accordo di superassociazione. La reazione di Mosca, culminata con l’occupazione della parte est del Paese, fu immediata.

Ma se questa è pura politica internazionale, le accuse mosse da Berlino a Mosca sono ben più gravi per quanto riguarda la politica, ritenuta espansiva oltre le accettabili norme del bon ton tra le nazioni, che Putin ha adottato nei confronti delle stesse democrazie occidentali. La Germania ha più di una volta denunciato il pericolo di intrusioni russe nella propria vita democratica interna, con attacchi sulla Rete e l’appoggio indiretto dato ai sovranisti di Alternative fuer Deutschland. Inoltre il governo Merkel è stato in prima fila nel seguire Londra quando questa ha puntato l’indice contro il Cremlino dopo il tentato avvelenamento di Sergei Skripal, ex agente dei servizi russi riparato a Salisbury.

In Siria per farsi sentire in America

C’è però una serie di ottimi motivi per stemperare gli animi. Il primo è la questione siriana. Qui Putin ha dichiarato la fine della partita e la vittoria della sua squadra. La sconfitta americana è un dato generalmente riconosciuto, ma questo non vuol dire necessariamente il ritorno ad una situazione antecedente al 1989, quando Hafez Assad, padre di Bashar, era considerato parte integrante del blocco sovietico.

In particolare il Cremlino ha bisogno del sostegno, politico e non, dei paesi europei allo scopo di avviare e realizzare la ricostruzione del Paese mediorientale, senza la quale la pacificazione, e men che meno la Pax Russa, potrà essere considerata un fatto compiuto.

Da parte sua Angela Merkel spera in una storia a lieto fine perché per lei la Siria è sostanzialmente un problema di politica interna: ha accolto centinaia di migliaia di profughi siriani in Germania un paio di anni fa, e la cosa ha fatto traballare il suo governo alimentano la xenofobia anche all’interno della Csu. Una Siria riappacificata sarebbe una Siria in cui molti avrebbero il desiderio di tornare. La Germania e la sua cancelliera potrebbero respirare.

Il problema siriano comunque trascina il ragionamento in direzione della Casa Bianca, essendo gli Stati Uniti estremamente interesati alla regione.

Trump dice nyet

Se c’è un leader con cui Merkel si sente a disagio ancor più che con Putin, questi è Donald Trump. Gelo e strette di mano mancate rappresentano un livello dei rapporti mai così basso, anche per colpa delle sfuriate del presidente americano che chiede a Berlino di raddoppiare i suoi contributi al bilancio della Nato.

L’altro grande capitolo che tiene i due leader a distanza siderale è l’approvvigionamento energetico.  Ora, come scrive il Wall Street Journal, uno dei temi centrali delle relazioni tra Germania e Russia è la questione del completamento del gasdotto Nord Stream 2, condotta ad avanzato stato di realizzazione ad opera della Gazprom in consorzio con Royal Dutch Shell, Wintershall, Uniper, Omv e Engie.

Una volta completata, passerebbe per il Baltico e aumenterebbe, secondo le osservazioni americane, l’import di gas da parte della Germania in modo tale da aumentarne ulteriormente la dipendenza nei confronti di Mosca. Il governo tedesco risponde che anche ai tempi della Guerra Fredda l’appartenenza alla Nato non impediva alla Germania Federale di acquistare energia dai sovietici, ma il ragionamento pare non bastare a convincere l’attuale amministrazione americana. E Trump, secondo il quotidiano finanziario americano, “ha in mano un pacchetto di sanzioni che potrebbe essere usato per tentare di bloccare l’esecuzione del gasdotto”.

Forse il riavvicinamento che non è possibile a causa dell’Ucraina diverrà possibile grazie ai buoni uffici di Trump.

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Fonte: estero agi