“Siamo un Paese che tende ad allontanarsi dagli standard europei – constata il presidente dell’Istituto di statistica, Gian Carlo Blangiardo, demografo, in un’intervista a La Stampa – ma che cerca di resistere”. In che modo? “Siamo consapevoli del momento difficile, ma cerchiamo di tenere. Molti indicatori vanno male. Eppure c’è chi in questo anno così drammatico ha riscoperto valori antichi, che erano stati frettolosamente accantonati. La vita in casa, ad esempio: non sono soltanto aumentate le liti – come qualcuno sostiene – ma c’è anche chi, e non sono pochi, ha riscoperto il piacere della vita familiare. Aumenta il numero dei libri che sono stati letti. Tanti hanno scoperto l’utilità della Rete”, risponde il presidente dell’Istat.
Tuttavia, analizza lo statistico, “L’Italia era già un Paese con livelli di istruzione mediamente più bassi dei partner europei. La pandemia, con la chiusura degli istituti scolastici e universitari e lo spostamento verso la didattica a distanza, ha acuito le disuguaglianze. E cresce il divario digitale tra chi “smanetta” e chi non usa Internet” e “il crescente con l’Europa sull’istruzione purtroppo va letto assieme alla crescita di un altro indicatore negativo: aumentano i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, i cosiddetti “neet”. Si è passati al 23,9% nel secondo trimestre 2020 contro il 21,2% nello stesso periodo del 2019. Specie nelle regioni del Centro-Nord, la ricerca stessa di lavoro ha subito una brusca interruzione. È un segno di debolezza del sistema”, conclude Blangiardo.
Source: agi