L’ultima minaccia dei pm a Toti


Il giudizio immediato e i possibili arresti domiciliari per altri 12 mesi

DI DI GIULIANO FERRARA ERMES ANTONUCCI

Non c’era mai stata una così esauriente e precisa didascalia, in materia di giustizia politica, come avviene nel caso del presidente della Liguria Giovanni Toti. All’epoca delle inchieste milanesi sulla corruzione, il nostro peccato originale antigarantista, si facevano “retate” di politici, ma l’apparenza era salva, almeno per chi crede alle apparenze. Solo molti anni dopo, dopo i casi di evidente politicizzazione della storia personale e della vita di gruppo dei membri del pool, il giudice che emetteva i mandati di cattura per conto dei crusading prosecutors, Italo Ghitti, ammise di aver sempre agito in automatico. Non c’erano le condizioni per una entità giurisdizionale di controllo e verifica delle accuse dei sostituti procuratori, bisognava arrestare a prescindere, senza giudicare come da dettato di legge sulla sussistenza di indizi gravi e convergenti o di prove della corruzione.
La parola “retate” è greve e polemica, politicizzata anch’essa, ma era la soluzione, la definizione giusta.
Che il caso Toti stesse per conoscere una svolta si è capito giovedì pomeriggio, quando le agenzie e i quotidiani che fin dall’inizio hanno sostenuto l’azione della magistratura genovese hanno diffuso la notizia che i pm avevano sentito gli ultimi testimoni e l’inchiesta era alle battute finali. In altre parole, stava diventando sempre più chiara l’intenzione della procura di Genova di chiedere nei confronti del governatore il giudizio immediato custodiale, un rito speciale che consente di saltare l’udienza prelimina
Solo che la didascalia è stata scritta dopo, almeno per chi non voleva leggere altro che i soffietti della magistratura d’assalto. Ora la parola è “sequestro” nell’ambito di un perseguito ed esplicito condizionamento politico, affermato in parole piuttosto chiare dall’accusa: stia consegnato ai domiciliari, l’uomo eletto dai liguri per dirigere l’amministrazione, oppure se voglia uscire da questa condizione avvilente ha la strada delle dimissioni dalla carica. Qui non si discute la liceità di una indagine di quattro anni, non si discutono le intercettazioni, i fenomeni di contorno, il colore mediatico e pettegolo della giustizia che mette alla gogna prima ancora che sotto processo un ceto dirigente. Solo un giusto processo potrà decidere. Ma tutti hanno capito che si è operato nella zona grigia tra amministrazione dell’interesse pubblico, evidentemente da negoziare con gli interessi privati e di mercato intorno a opere importanti di una città industriale e portuale, e ipotesi senza riscontro probatorio immediato di corruzione in atti d’ufficio. re, portare direttamente l’imputato arrestato a processo e far sì che i termini di scadenza delle misure cautelari vengano azzerati. Con la possibilità, in questo caso, di rinnovare gli arresti domiciliari contro Toti potenzialmente per un termine di altri dodici mesi (altro che 80 giorni). Uno scenario difficile da credere? Non proprio, se si riguarda con attenzione alle forzature operate dai magistrati genovesi dall’inizio della vicenda giudiziaria pur di confinare Toti nella sua casa di Ameglia, con le accuse di corruzione e finanziamento illecito ai partiti.

Fonte: Il Riformista