L'Ucraina divide la festa della Liberazione. Slogan contro Pd e Nato 


AGI – Un corteo del 25 aprile così a Milano non si era mai visto da quando nel 1945 Sandro Pertini annunciò alla radio il compimento dell’insurrezione antifascista in città. Perché mai c’era stata una così numerosa partecipazione di un altro popolo, quello ucraino, che ha fatto risuonare le parole di ‘Bella ciao’ in un’altra lingua e ha invocato ‘un’altra resistenza’, per alcuni simile, per altri molto diversa  da quella partigiana, in corso sul campo bellico contro la Russia.

Perché si sono mischiate le bandiere dell’Italia, dell’Europa, della Nato, qui mai viste, dell’Ucraina e per le contestazioni che hanno coinvolto un po’ tutte le parti. La più eclatante al Pd e a Enrico Letta, più sfumata prima che il torpedone iniziasse il suo cammino verso il Duomo, con una decina di esponenti del Carc, formazione della sinistra extraparlamentare, che hanno preso di mira il segretario e il partito.

E poi molto sostenuta, quando il corteo ha iniziato a sfilare: è partito anche un fumogeno dal gruppo di qualche decina di persone che sfilava dietro lo striscione: ‘2% del Pil alle spese militari? Pd Partito guerrafondaio‘. “Vergogna, fuori dal corteo, giù le mani dalla Resistenza’, ‘Nato assassina’, gli slogan, più tanti fischi. “Questa è casa nostra, la Costituzione è casa nostra, l’antifascismo è casa nostra. E anche la solidarietà al popolo ucraino è casa nostra” la replica di Letta.

A Milano al Corteo del #25aprile per celebrare la #Liberazione e l’antifascismo. Insieme a tanti italiani orgogliosi della nostra Costituzione. Con le nostre bandiere e quelle . Corteo nel quale siamo e sempre saremo a casa nostra. pic.twitter.com/fcpkcZNjj7

— Enrico Letta (@EnricoLetta)
April 25, 2022

Nella zona di Porta Venezia ci sono stati momenti di tensione al passaggio della Brigata ebraica e di alcune associazioni con bandiere dell’Alleanza atlantica: “Fuori l’Italia dalla Nato” e “Intifada fino alla vittoria”, hanno urlato militanti dei centri sociali tenuti a distanza dalle forze dell’ordine. 

Dal palco in Piazza Duomo, il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, ha definito “un grave errore” le contestazioni ai dem e poi ha cercato di placare le polemiche per le sue posizioni considerate filo-russe e per il no all’invio di armi a Kiev. “Condanniamo senza se e senza ma l’invasione da parte dell’esercito di Putin e affermiamo che l’Ucraina ha il dovere e il diritto morale e giuridico di difendersi”, ha assicurato. “Bisogna evitare che su singoli fatti si perda la bussola di una posizione unitaria”, ha aggiunto Pagliarulo assicurando di non aver mai pensato alle dimissioni.

Poco prima, però, il segretario della Cgil, Maurizio Landini, era tornato a criticare la scelta di dare armi a Kiev, attirandosi i fischi degli ucraini e dei manifestanti ‘atlantisti’: “Non sono d’accordo che la risposta” alla guerra in Ucraina sia “quella di riarmare tutto il mondo”.

Momenti di tensione anche a Reggio Emilia dove una delegazione di +Europa e Italia Viva con bandiere europee, dell’Ucraina e degli Usa (una portata da una bambina di otto anni) sarebbe stata insultata e poi invitata dalle forze dell’ordine ad allontanarsi, tra cori contro la Nato. “Una situazione veramente incresciosa e imbarazzante nei confronti dei valori della Resistenza“, hanno denunciato i due partiti.

Un’altra commemorazione si è svolta a Marzabotto, nell’Appennino bolognese, teatro della strage nazista del 1944. Il presidente della Camera, Roberto Fico, ha lodato la scelta “coraggiosa e importante” dell’Italia di inviare armi all’esercito ucraino e la volontà “di essere una comunità che costruisce la pace”. È stata letta una lettera inviata da Liliana Segre in cui la senatrice a vita ha scritto che anche in Ucraina “resistere è necessario ed è un dovere”.

Source: agi