Louise Bourgeois


Parigi 1911 – New York 2010

Di Angela D’Agostino

“Non è un’immagine che cerco. Non un’idea. È un’emozione che voglio ricreare, l’emozione di volere, di dare e distruggere.”

“Mi chiamo Louise Josephine Bourgeois. Sono nata il 24 Dicembre a Parigi. Tutto il mio lavoro degli ultimi cinquant’anni, tutti miei soggetti hanno tratto ispirazione dalla mia infanzia. La mia infanzia non ha mai perso la sua magia, non ha mai perso il suo mistero e non ha mai perso il suo dramma.”

Louise Bourgeois è stata un artista solitaria, non legata alle mode, che ha seguito il suo percorso artistico con tenacia cercando attraverso l’arte di sopravvivere alle tensioni familiari, di poeticizzare i traumi dell’infanzia, di creare un dialogo interiore tra le sue vicende autobiografiche di cui le sue opere sono i simboli e lo spettatore che ne fruisce quasi in una reciproca catarsi.

Un’opera può avere un’anima perché ha il potere magico di provocare una reazione nell’osservatore.
Ho bisogno delle mie memorie. Sono i miei documenti. Li sorveglio con cura. Sono la mia intimità e ne sono immensamente gelosa.

I suoi genitori, Josephine Fauriaux e Louis Bourgeois restauravano arazzi. Il suo carattere orientato al rigore e all’ordine la orienta verso la facoltà di matematica, che abbandona dopo qualche tempo – sembrandole troppo teorica – per iscriversi all’Acadèmie des Beaux-Arts. In seguito frequenta l’Atelier di Fernand Léger, avvicinandosi alle poetiche surrealiste.

Nel 1938 si trasferisce negli Stati Uniti con il marito, lo storico dell’arte Robert Goldwater. Qui frequenta l’ambiente artistico internazionale e in particolar modo Duchamp, Le Corbusier e A. Ozefant. Nel 1945 si tiene la sua prima mostra di pittura alla Berta Schaefer Gallery di New York e nel 1947 realizza una serie di nove incisioni dal titolo He disappeared Into complete silence.

Nel 1949 mostra i primi esempi delle sue opere tridimensionali alla Peridot Gallery, abbandonando la pittura per la scultura. “I disegni sono secondi alla scultura – afferma – perché non hanno il potere di esorcizzare i demoni”.

Alla sua prima mostra personale, Louise Bourgeois presenta diciassette sculture di legno dipinte: rappresentano le persone che ha lasciato in Francia nel 1938: “Non lo avrei mai ammesso, ma la verità è che mi mancavano disperatamente”. Inizia così, ricreando i propri cari – figure di legno che poi dispone le une vicine alle altre, di modo che intrattengano relazioni tra loro e con lo spazio in cui si trovano – la sua lunghissima carriera di scultrice, che mette al mondo le proprie creature. Nella sua vasta opera tutte le poetiche del Novecento sono avvicinate ed elaborate.

Nel 1951 diventa cittadina americana. Negli anni Cinquanta e Sessanta sperimenta un’infinità di materiali e di ipotesi, mette in discussione le leggi della geometria, distrugge e ricostruisce, leviga e cuce – “un cesello appuntito […] consente gli estremi della tenerezza e dell’aggressività”. Affronta diversi materiali: gesso, cemento, caucciù, marmo e bronzo. Tra il 1960 e il 1964 realizza una serie di formazioni in gesso esposte alla Stable Gallery di New York dal titolo Lair. Nel 1968 realizza Fillette (Ragazzina), la scultura sospesa che tiene sotto braccio nel bellissimo ritratto scattatole da Mapplethorpe quello stesso anno; nel 1974 realizza The Destruction of the Father, un’opera cruenta e significativa che dà il titolo a una sua raccolta di scritti. Usa pezzi di carne macellata – pezzi di agnello, pezzi di pollo – che immerge nel gesso e nel lattice per rappresentare un banchetto cannibale e vendicatore.

Bourgeois spiega: “più mio padre si pavoneggiava, più noi ci sentivamo insignificanti. Improvvisamente si creava una tensione terribile, e noi lo afferravamo – mio fratello, mia sorella, mia madre e io, […] lo trascinavamo sul tavolo e gli strappavamo le gambe e le braccia – lo smembravamo. […] Fantasie, ma talvolta la fantasia è vissuto”.

Torna in quest’opera l’eco delle vicende vissute in famiglia. L’amatissimo padre, infatti, stabilisce una relazione speciale con la tata assunta proprio per allevare Louise e i suoi fratelli. La madre, nerbo dell’attività familiare, fa finta di niente, portando avanti un ménage familiare doloroso, soprattutto per Louise che non perdonò mai suo padre per quella rottura dell’incanto infantile.

Finalmente, nel 1982, il MoMA di New York organizza una sua grande retrospettiva consacrando Louise in campo internazionale: è la prima personale che il museo abbia mai dedicato a una donna, e il numero e la natura delle opere esposte sono impressionanti. I temi delle sue sculture sono sempre gli stessi: l’infanzia in Francia, le amanti del padre, la madre e lei bambina impegnate nel restauro di arazzi antichi, le tecniche e i materiali, gli istinti distruttivi, la sublimazione, la paura, l’essere artista, il processo di creazione, lo specchio, il ragno, l’amore e l’erotismo.

Sono nati così la Femme Maison un corpo metà donna e metà casa; Lairs ovvero le tane create per un assoluto isolamento; Cells, spazi racchiusi da rete di ferro, spazi visibili ma inaccessibili dove galleggiano letti; Spiders giganteschi ragni d’acciaio installati in diverse città come il centro Pompidou di Parigi e che la stessa artista paragona alla madre, perché il ragno è un animale che va a intrappolarsi negli angoli, dove trova sicurezza. Ma lei non è intrappolata, anzi, cerca di intrappolare gli altri. “Vengo da una famiglia in cui si riparavano i tessuti. Il ragno ripara la sua tela. Se tu distruggi la sua opera, il ragno si mette all’opera e la ricostruisce”; la serie dei tredici Handkechiefs ovvero fazzoletti che fanno parte del suo corredo personale e sono stati liricamente rivisitati con disegni, cuciture, applicazioni di piccoli oggetti.

Nel 1993 Louise Bourgeois riceve, insieme a B. Nauman, il Leone d’oro alla Biennale di Venezia. Nel 2000 ha tenuto un’importante mostra antologica al museo Ermitage di San Pietroburgo.

Nel 2010 Louise Bourgeois ci lascia. A noi piace ricordarla come la donna ritratta da Robert Mapplethorpe: un volto solcato di rughe, un sorriso spiritoso, occhi vivi e pungenti, in pelliccia e sottobraccio un grosso fallo di latex, una sua scultura. Una vera novità nell’arte.

Fonti, risorse bibliografiche, siti

  1. Gorovoy, Louise Bourgeois and the nature of abstraction, New York, 1986
  2. Storr, Louise Bourgeois drawings, New York-Paris, 1988

Louise Bourgeois, Deconstruction of father, Reconstruction of the father, «The Mit Press» 1998 da Il libro d’artista

M.L. Bernadac, Louise Bourgeois, Paris-New York 1996

Autori vari, Per Capodimonte Louise Bourgeois, Napoli, Electa 2008

Referenze iconografiche:

Prima immagine: Ritratto di Louise Bourgeois, foto di Oliver Mark, 1996. Fonte: https://oliver-mark.com/portraits. © Oliver Mark / CC BY-SA 4.0

Seconda immagine: Maman, di Louise Bourgeois, davanti al Musée des beaux-arts du Canada, a Ottawa. Foto di Jeangagnon.  Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

Terza immagine: Domestic Incidents, di Louise Bourgeois. Tate Modern turbine hall, 2006. Fonte: https://www.flickr.com/photos/blahflowers/188884994/sizes/l/in/photostream. Foto di Loz Flowers. Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic.

 

Fonte: enciclopedia delle donne