Lo Zimbabwe va al voto per la prima volta dopo la caduta di Mugabe


In Zimbabwe più di 5,6 milioni di uomini e donne sono chiamati alle urne per le elezioni generali, già definite storiche, le prime dalla caduta del regime di Robert Mugabe, al potere per 37 anni. I cittadini sono chiamati ad eleggere un nuovo presidente, deputati e consiglieri municipali, dopo una campagna elettorale insolitamente pacifica e partecipata. Domani sarà anche la prima volta degli osservatori elettorali stranieri, dopo 16 anni di assenza. Oltre a Mugabe, costretto alle dimissioni lo scorso 21 novembre, l’altro grande assente è lo storico oppositore Morgan Tsvangirai, deceduto cinque mesi fa.

Per la prima volta si registra un numero record di candidati alla presidenza, in tutto 23 – 19 uomini e quattro donne – che sono riusciti a raccogliere 100 firme di elettori iscritti nelle 10 province e hanno pagato mille dollari previsti per legge. Grande favorito è il presidente di transizione Emmerson Mnangagwa, ex vice di Mugabe, succedutogli otto mesi fa alla guida del paese e del partito Zanu-Pf.

La Banda del Coccodrillo

Mnangagwa ha promesso un voto non violento, libero, equo e credibile, riaprendo il Paese dell’Africa australe agli osservatori internazionali. Soprannominato ‘Crocodile’ dal popolo in riferimento al suo eroismo durante la guerra di liberazione dello Zimbabwe dalla Gran Bretagna – ottenuta nel 1980 – in qualità di esponente di spicco del ‘Crocodile Gang’ negli anni '60, Mnangagwa è noto anche per le sue abilità di stratega politico.

Nato 76 anni fa nella regione centrale di Zvishavane fa parte del sotto gruppo Karanga, della comunità maggioritaria Shona, mentre Mugabe è dell’etnia Zezuru. Mnangagwa, che ha combattuto accanto a molti generali, è anche uno dei massimi dirigenti dell’associazione degli ex combattenti, in un Paese dove l’esercito è molto potente. Lo scorso autunno è stato estromesso dalla vice presidenza, vittima delle ambizioni politiche dell’ex first lady, Grace Mugabe. Grazie al sostegno dei militari Mnangagwa è riuscito a tornare in sella subito dopo le dimissioni dell’anziano leader.

Durante la campagna elettorale si è impegnato a voltare definitivamente pagina sul regno di Mugabe, promettendo una strenua lotta alla corruzione, il rilancio dell’economia fortemente in crisi, l’apertura ad investitori stranieri, l’applicazione della controversa legge fondiaria per restituire ai 'white farmers' le terre di cui sono stati estromessi dal 2000 e la ripresa dei rapporti con i principali partner ed istituzioni internazionali.

Simbolica la decisione, arrivata a pochi giorni dal voto, di condannare a due anni di carcere per corruzione l’ex ministro dell’Energia, Samuel Undenge. Sotto inchiesta anche Grace Mugabe accusata di coinvolgimento in esportazioni illegali di avorio da contrabbando con guadagni miliardari.

Un quarantenne per il cambiamento democratico

Tuttavia Mnangagwa deve misurarsi con un avversario molto accreditato: il 40enne Nelson Chamisa, neo leader del principale partito di opposizione, il Movimento per il cambiamento democratico (Mdc), subentrato a Tsvangirai. Esponente di spicco dell’opposizione a Mugabe sin dai tempi dell’università, Chamisa ha però ereditato di un partito molto diviso dopo il decesso del suo fondatore. Tra i 23 candidati in lizza figurano anche l'ex vice-presidente Joice Mujuru, l'ex-ministro Nkosana Moyo, lo scultore e musicista Taurai Mteki, l'ex numero 2 del Mdc, Thokozani Khupe, e lo storico difensore dei diritti umani Lovemore Madhuku.

Secondo gli ultimi sondaggi si starebbe riducendo il margine tra i due principali contendenti alle presidenziali con il 40% delle intenzioni di voto a Mnangagwa e il 37% a Chamisa. ‘Afrobarometer’ valuta addirittura come “ragionevole e possibile” una vittoria dell’oppositore già al primo turno; uno scenario invece remoto per molti altri. Una vittoria di Chamisa rappresenterebbe la prima alternanza politica in Zimbabwe dall’indipendenza. Se nessuno dei due candidati dovesse ottenere la maggioranza assoluta, sarà necessario il ballottaggio, già fissato per l’8 settembre. Il 40% della popolazione teme invece che i risultati proclamati non siano corretti e che le forze armate non accettino il responso delle urne.

Frodi e incidenti, il pericolo è in agguato

Sul rischio frodi a lanciare l’allarme è stato lo stesso Chamisa. In un recente incontro con Kofi Annan – che presiede il gruppo dei Saggi (“Elders”) – e con la commissione elettorale nazionale (ZEC) il leader di opposizione si è detto preoccupato per la “stampa e la sicurezza” delle schede di voto e l’aggiornamento del registro degli aventi diritto. La stessa preoccupazione è stata comunicata agli osservatori elettorali dispiegati da Unione africana, Comunità di sviluppo dell’Africa australe (SADC) e Unione europea, oltre a quelli del Commonwealth e di altre organizzazioni statunitensi.

Ma il pericolo maggiore riguarda la sicurezza: negli ultimi 20 anni lo Zimbabwe è stato il paese d’Africa australe che ha registrato più violenze elettorali, messe a segno da milizie armate contro oppositori e civili. Durante le elezioni del 2008 più di 200 persone sono rimaste uccise. Secondi dati ufficiali e ricerche incrociate nel paese delle violazioni dei diritti umani e dell’impunità, dal 1984 ad oggi, a queste vittime elettorali si aggiungono 20 mila morti e scomparsi in operazioni dello Stato, soprattutto ai danni di attivisti dei diritti umani e oppositori.

Un impegno che finora ha retto

L’ultima campagna elettorale è stata invece la più pacifica dall’indipendenza, eccezion fatta per l'attacco contro Mnangagwa durante un comizio elettorale a Bulawayo (sud) lo scorso 23 giugno, attribuito ad una fazione del suo stesso partito. Proprio a garanzia di un voto pacifico più di 45 mila agenti di polizia sono stati addestrati e dispiegati ai quattro angoli del Paese, con l’intervento di agenti anti-terroristi e l’utilizzo di droni.

Inoltre, per scongiurare il rischio violenze i partiti politici hanno firmato un 'Impegno per la pace' della Commissione nazionale per la pace e la riconciliazione (NPRC). Un altro segnale di distensione è arrivato dal potente esercito dello Zimbabwe, ma opposizione e difensori dei diritti umani rimangono perplessi. Il colonnello Overson Mugwisi, portavoce dello stato maggiore, ha assicurato la neutralità dei militari al voto del 30 luglio, diversamente dai metodi forti utilizzati sotto Mugabe per esercitare pressione sulla popolazione.

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Fonte: estero agi