AGI – “C’è una ventata di Monaco nell’aria da parte di qualcuno in Occidente”. Il segretario britannico alla Difesa, Ben Wallace, non poteva usare frase più velenosa per stigmatizzare l’approccio, ritenuto troppo morbido, della Germania nei confronti della Russia.
In un’intervista al ‘Times’, Wallace ha rievocato, a proposito dell’Ucraina, la Conferenza del 1938 che vide Londra e Parigi acconsentire alle mire di Hitler sulla Cecoslovacchia nella speranza, rivelatasi poi tragicamente vana, di evitare la guerra.
Questa volta Berlino non è però nel ruolo dell’aggressore da blandire ma in quello di campione dell’appeasement. L’edizione domenicale del ‘Times’ pubblica inoltre un editoriale che legge l’esitazione tedesca come una conseguenza di una “politica energetica miope”.
Il quotidiano, espressione dell’establishment britannico, ricorda come sia stata la precipitosa chiusura del programma nucleare, all’indomani del disastro di Fukushima, a mettere la Germania con le spalle al muro. L’industria tedesca non può certo contare sulle sole energie rinnovabili e il maggiore ricorso al carbone non è sostenibile a fronte degli impegni climatici europei.
Il raddoppio del gasdotto Nord Stream, che porta gas russo in Germania attraverso il Baltico, diventa quindi vitale per Berlino. L’infrastruttura è stata completata e non è ancora entrata in funzione per ragioni procedurali. Se i Verdi, attraverso il ministro degli Esteri Annalena Baerbock e il vice cancelliere Robert Habeck, non hanno mai escluso l’archiviazione del progetto come possibile sanzione in caso di invasione russa dell’Ucraina, Scholz si è sempre mostrato molto timido sul dossier.
La sua Spd, del resto, non è solo il partito dell’Ostpolitik che fu ma anche quello di un ex cancelliere, Gerard Schroeder, che è attualmente presidente sia del Cda di Rosneft, colosso petrolifero russo, che del consorzio Nord Stream. L’editoriale appare quindi come un duro monito all’indirizzo del cancelliere alla vigilia del suo incontro di martedì con Vladimir Putin al Cremlino, dopo una tappa lunedì a Kiev per incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelenski.
È difficile però prevedere che Scholz riesca dove ha fallito il presidente francese, Emmanuel Macron, che si è speso molto nei giorni scorsi per convincere il presidente russo ad avviare una de-escalation.
Una settimana cruciale per la crisi ucraina inizia quindi con un Occidente spaccato in due, al di là delle ripetute dichiarazioni del presidente Usa, Joe Biden, sulla “unità” della Nato. Da una parte la linea dura di Washington e Londra, che trova sponda nelle nazioni baltiche. Dall’altra, con vari distinguo, il tentativo di Francia e Germania di scongiurare uno scenario nel quale Mosca, in caso di invasione dell’Ucraina, verrebbe sottoposta a durissime sanzioni che avrebbero pesanti conseguenze anche sull’Europa continentale.
Un contesto nel quale la Germania, incalza il ‘Times’, “si espone all’accusa di mettere i suoi interessi davanti a quelli dell’Europa“. Se il primo ministro britannico, Boris Johnson (alle prese, come Biden, con gravi problemi interni e un crollo della popolarità), ha inviato all’Ucraina consistenti aiuti militari, la Germania si è rifiutata di farlo. Addirittura, scrive il ‘Times’, gli aerei inglesi con le armi per Kiev hanno effettuato deviazioni per evitare lo spazio aereo tedesco.
Mosca ha piena coscienza della frattura e non può che sperare giochi a suo favore. Emblematiche, in proposito, le parole della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che venerdì scorso ha accusato gli “anglosassoni” di “aver bisogno di una guerra, a ogni costo“. Non l’Occidente, non la Nato, bensi’ “gli anglosassoni”, americani e britannici.
Il giorno prima c’era stato il disastroso vertice tra il ministro degli Esteri di Londra, Liz Truss, e il collega russo, Serghei Lavrov, partiti da posizioni così distanti da aver reso l’incontro utile solo alle rispettive narrazioni a uso interno. La crescente distanza tra la linea angloamericana e quella franco-tedesca, oltre a rafforzare la Russia, lascia l’Ucraina ancora più sola. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, si è più volte lamentato dei toni utilizzati da Usa e Gran Bretagna, ritenendoli allarmistici e controproducenti.
Kiev, però, non ha alcuna fiducia nella Germania, in particolare dopo le dichiarazioni del capo della Marina tedesca, poi costretto alle dimissioni, Achim Kay Schoenbach. Il mese scorso il vice ammiraglio aveva affermato, durante un convegno, che Putin “merita rispetto” e che l’Ucraina “non riavrà mai la Crimea”, parole accolte a Kiev con autentico sconcerto.
La cancellazione all’ultimo momento dell’incontro tra Zelensky e Baerbock, previsto lo scorso 7 febbraio, appare quindi come uno sgarbo calcolato e non, come sostenuto dalla presidenza ucraina, un semplice intoppo dovuto a conflitti di agenda.
Source: agiestero