di Lillo Venezia – Direttore Responsabile
In pochi giorni, in Puglia, venti braccianti migranti, in prevalenza africani, sono morti a causa di incidenti stradali, dopo avere lavorato alla raccolta dei pomodori per l’intera giornata. In particolare il secondo incidente ha visto il furgone che li trasportava ribaltarsi, probabilmente a causa di un colpo di sonno dell’autista.
Il furgone che poteva trasportare al massimo nove persone, privo di assicurazione e fatiscente, è di proprietà di coloro che svolgono un servizio illecito di trasporto della manovalanza che raccoglie i pomodori senza autorizzazioni e controlli dal ghetto dove vivono ai campi di raccolta. Ovviamente nessuno ha detto in questo caso, prima gli italiani.
Erano solo dei braccianti migranti, senza documenti, che vengono brutalmente sfruttati per poche euri al giorno da individui senza scrupoli e privi di umanità. Ogni giorno, all’alba si presentano al ghetto, caricano, anzi sovraccaricano i furgoni ed effettuano i viaggi della disperazione. Sono i “caporali”, il Caporalato, un tumore maligno difficile da estirpare, per il quale le istituzioni, categorie sociali e forze politiche, si girano dall’altra parte. In Puglia, ma non solo, questi individui, delinquenti, della malavita organizzata, che si ritengono al di sopra delle leggi, anche per la latitanza di chi dovrebbe controllare e reprimere, operano nella più assoluta “ libertà”, facendosi beffa della legge sul Caporalato, che esiste, ma che nessuno fa in modo che venga applicata. Certo, adesso ministri e sindacati di categoria alzano al voce di fronte a questa ennesima strage. Ma sono solo parole: chi dice verranno effettuate una serie indagini sul territorio per sconfiggere il Caporalato, chi chiede i soliti tavoli tecnici-politici per affrontare la questione, chi si indigna, chi dice basta, chi…
Io credo che sia necessario intanto fare rispettare la legge sul caporalato che c’è, che i sindacati organizzino scioperi e forti mobilitazioni contro lo sfruttamento dei caporali e della malavita, che si metta ordine nel settore attuando le direttive della stessa legge, espellendo così le mele marce.
Non ci dimentichiamo che nel’68, ad Avola, i braccianti si rivoltarono contro i caporali, dovettero subire una forte repressione dello stato, due braccianti furono uccisi negli scontri con la polizia, ma alla fine vinsero la loro lotta. Almeno così ci parse allora. Certo, altri tempi: i braccianti erano siciliani, una intera città solidarizzò con loro, così come altre categorie di lavoratori. Oggi sono africani, immigrati che fanno un lavoro che difficilmente un italiano si metterebbe a fare. Ciò non toglie che la nostra solidarietà e vicinanza a questi lavoratori deve essere forte e sincera.