L'Isis tiene in ostaggio da una settimana 14 donne e 16 bambini siriani


Non ha avuto una grande eco sui media occidentali ma il massacro di Sweida è stata la più grave atrocità perpetrata negli ultimi mesi sui civili siriani dall'Isis che, nonostante i proclami di Donald Trump, è ancora viva nella nazione straziata da sette anni di guerra civile. Nelle numerose mappe che su internet danno conto, sulla base di fonti più o meno ufficiali (e più o meno affidabili), dell'evolversi del complicato conflitto non c'è più quella macchia nera che un tempo avvolgeva larga parte del Paese. Il governo di Bashar al-Assad ha ripreso il controllo di larga parte del territorio siriano ma i miliziani di Daesh controllano ancora Badiya, una vasta area desertica a Est, e due ultime ridotte nel Sud, una vicina al confine israeliano e un'altra nei pressi di Sweida, città ora ripresa dai lealisti.

Lo scorso 26 luglio alcuni kamikaze si sono fatti esplodere in modo coordinato in alcuni mercati affollati, a Swaida e in alcuni villaggi limitrofi, abitati dalla comunità cristiana drusa e attaccati nel frattempo dai miliziani da quattro fronti diversi. Villaggi che, mentre le forze governative, colte di sorpresa dal blitz, erano impegnate contro i terroristi, venivano rastrellati a caccia di ostaggi. Sedici bambini e venti donne (quattro delle quali fuggono e due muoiono nel tentativo) vengono rapite dai jihadisti. La loro intenzione è utilizzarle come merce di scambio, come testimonia un video diffuso tre giorni dopo la strage dove una delle donne rapite è costretta a leggere le richieste dei loro carcerieri.

L'Isis chiede la liberazione dei prigionieri e l'interruzione delle operazioni militari sul fiume Yarmouk, confine naturale tra Siria e Israele. Proprio vicino alle alture del Golan, intorno a Daraa, l'esercito di Assad ha conquistato in questi giorni, dopo intensi bombardamenti, gli ultimi brandelli di terra in mano a Daesh, che domanda l'evacuazione dei miliziani intrappolati nella sacca perché vengano trasportati nell'area di Badiya. 

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In precedenza, i terroristi avevano invece inviato ai parenti degli ostaggi le loro foto, chiedendo un riscatto. Alcuni profili Twitter legati a testate sostenitrici del governo affermano che Damasco – proprio in seguito alla riconquista di Daraa e alla cattura di centinaia di prigionieri – ha avviato una trattativa per la loro liberazione. Ma verificarlo è impossibile. Sul destino di queste persone, al momento, non abbiamo alcuna notizia.

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Fonte: estero agi