L’ironia di Mario Draghi sull’abuso delle parole inglesi


AGI – “Chissà perché dobbiamo sempre usare tutte queste parole inglesi…”. Mario Draghi si interrompe pochi secondi e inserisce una considerazione a braccio nel suo intervento dopo la visita al centro vaccinale anti Covid dell’Aeroporto di Fiumicino.

Il presidente del Consiglio si concede una battuta sugli anglismi che popolano ormai anche il parlare corrente, dopo aver saldamente occupato – non senza difficoltà nella ricerca di alternative altrettanto sintetiche – quello degli specialisti di settore. E così è con questa battuta, accompagnata da un sorriso, che Draghi chiosa il passaggio in cui dice che “per chi svolge attivita’ che non consentono lo smart working, sarà riconosciuto l’accesso ai congedi parentali straordinari o al contributo baby-sitting”.

L’ironia sugli anglismi del presidente del Consiglio è musica per le orecchie di Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, da quasi 500 anni impegnata nella diffusione e nello studio della lingua italiana: “Sono molto contento che il presidente Draghi, in questo momento difficile per il Paese, abbia toccato questo argomento con leggerezza e con una battuta, ma si capiva la sua posizione”.

“Normalmente – aggiunge Marazzini  – quando si critica l’uso eccessivo dei termini inglesi scatta l’accusa di provincialismo. Nel caso di Draghi è difficile farla scattare, dato che lui per anni ha fatto discorsi in inglese, ma quando parla in italiano si pone il problema di usare i termini appropriati nella nostra lingua”.

Marazzini spiega che “baby sitter ormai è un’espressione difficile da sostituire ma per lo smart working l’Accademia ha indicato da anni il termine lavoro agile. Il problema è che con la pandemia sono entrate tantissime nuove parole inglesi, quindi l’osservazione del Presidente del Consiglio mi sembra un segnale chiaro, al di là del termine al quale lui intendesse riferirsi”.