Lirica: Caracalla, Turandot è una hikikomori in scene di Fuksas


La stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma alle Terme di Caracalla da sempre ha il merito (e il coraggio) di avvicinare alla grande lirica un pubblico che in genere non frequenta i teatri dell’opera con allestimenti popolari certamente originali. Che senza dubbio lasciano perplessi i melomani e i puristi ma che spesso riescono a catturare l’attenzione di chi è cresciuto con altri generi di intrattenimento: cinema, televisione, musica pop e rock. E videogiochi. E proprio partendo da quest’ultimo tipo di intrattenimento, popolare tra i giovani ma anche tra i meno giovani, che è partita l’idea della ‘Turandot’ andata in scena martedì sera alle Terme di Caracalla (con repliche ancora 8 e 10 agosto) diretta dal regista Francesco Micheli. Questi, affiancato dal ‘dramaturg’ Alberto Mattioli, sfruttando l’impianto scenografico razionale, bianco, freddissimo, che diventa una sorta di schermo dalle mille sfaccettature disegnato da Massimiliano e Doriana Fuksas,
traspone la storia della principessa di ghiaccio cinese al giorno d’oggi e immagina una hikikomori (termine giapponese che significa “stare in disparte” e viene utilizzato per indicare chi decide di ritirarsi dalla vita sociale) che, terrorizzata dal mondo esterno, come la protagonista dell’opera di Puccini, si è auto-segregata nella sua stanza. Suo unico rapporto con il mondo esterno è costituito dal computer. Qui arriva l’idea di rappresentare l’opera come se si trattasse di un videogame in cui la ragazza si rifugia nella sua reclusione volontaria e nel tentativo di estraniarsi dal mondo reale. Turandot è l’avatar della ragazzina, la sua proiezione nel mondo dei videogame, che il regista fa affacciare in scena come “congelata” in una sorta di iceberg.
La ‘Turandot’, l’incompiuta di Puccini, è rappresentata nella versione originale, quella che il maestro di Torre del Lago non riuscì a finire: si chiude dove con la morte di Liù. A quel punto la hikikomori decide di avere un’identità reale e non solo virtuale. La ragazzina, al suo fianco ha solo il padre che, come l’imperatore Altoum per Turandot, cerca di abbattere il muro che lei ha elevato tra sé e il mondo. In quanto a Calaf, il principe il cui “nome nessun saprà” che riuscirà a scardinare la fortezza costruita da Turandot, per Micheli è un giocatore anonimo che riesce a passare al livello superiore del videogame e a superare le prove che avevano già esaurito le vite di chi ci aveva provato prima di lui.
Da sottolineare il fondamentale contributo dei video di Luca Scarzella, Michele Innocente e Matteo Castiglioni, capaci di valorizzare la straordinaria scenografia naturale delle terme e quella artificiale della coppia di archistar creando momenti particolarmente suggestivi. Sul palco, Turandot ha la robusta vocalità di Lise Lindstrom. Nei panni di Calaf c’è Luciano Ganci, in quelli di Liù è Juliana Grigoryan mentre l’imperatore Altoum è Piero Giuliacci e Timur è Alessio Cacciamani. Infine il regista delega alle tre maschere la dimensione più caricaturale dello spettacolo estremamente scenica dei tre: Haris Andrianos (Ping), Marcello Nardis (Pong) e Marco Miglietta (Pang). (AGI),
CAU