L’IRDCEC illustra l’aumento dell’IRES per le società di comodo


L’Istituto di ricerca dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha affrontato, nella circolare n. 25/IR del 2011, anche le problematiche conseguenti all’introduzione, ad opera del D.L. n. 138 del 2011, della maggiorazione di 10,5 punti percentuali dell’aliquota dell’IRES dovuta dalle società di comodo. Sono state illustrate, in particolare, le modalità di applicazione della maggiorazione in caso di società che hanno optato per il regime del consolidato fiscale, in ordine alle quali rimangono ancora aperte alcune questioni interpretative

Per queste ultime società è stato previsto che:

– la società consolidante e le società consolidate “di comodo” applicano separatamente la maggiorazione del 10,5%, ciascuna sul proprio reddito, e provvedono autonomamente al relativo versamento;

– la consolidante continua ad assoggettare ad imposizione la somma algebrica dei redditi e delle perdite che confluiscono nel consolidato, applicando l’aliquota ordinaria del 27,5%.

Al riguardo l’IRDCEC ha osservato che:

– l’autonomo assoggettamento alla maggiorazione IRES del reddito imponibile della società non operativa dovrebbe comportare l’inapplicabilità, esclusivamente in relazione alla parte d’imposta corrispondente a tale maggiorazione, delle disposizioni in materia di responsabilità del consolidato ex art. 127 TUIR e di rettifica delle dichiarazioni dei soggetti aderenti al consolidato nazionale ex articolo 40-bis del D.P.R. n. 600/1973”;

– qualora “la società aderente al consolidato fiscale sia anch’essa non operativa, la stessa sarà obbligata, in sede di liquidazione della maggiorazione, a tener conto anche della presenza dei redditi ad essa imputati dalla società di persone partecipata non operativa. In pratica, la società dovrà assoggettare tutto il suo reddito alla maggiorazione IRES. Qualora, invece, la società aderente al consolidato fiscale sia operativa, la maggiorazione IRES sarà dovuta dalla stessa esclusivamente sul reddito di partecipazione”.

Nel caso in cui il reddito imponibile ordinariamente determinato sia superiore al reddito minimo presunto, le perdite pregresse della società non operativa (conseguite in periodi d’imposta per i quali non trovava applicazione la disciplina delle società di comodo) ovvero quelle della fiscal unit potranno essere computate in diminuzione in misura non superiore all’80% dello stesso reddito imponibile ordinariamente determinato.

Resta, però, da chiarire se la presenza nel perimetro di consolidamento di una società non operativa comporti anche per la fiscal unit l’obbligo di dichiarare un imponibile di gruppo non inferiore al reddito minimo presunto calcolato dalla consolidata non operativa.

Si osserva che la disciplina sulle società di comodo è applicabile alle singole società che fanno parte del consolidato e non al gruppo nel suo complesso, per cui sembrerebbe legittimo che il reddito minimo determinato dalla consolidata non operativa e fatto confluire nell’imponibile di gruppo possa essere ridotto dalle perdite eventualmente conseguite da altre società consolidate.

In senso contrario parrebbero, tuttavia, andare le precedenti prese di posizione dell’Agenzia delle Entrate, la quale ha affermato:

– (nella risoluzione 8 marzo 2007, n. 36/E, riguardante la rettifica di consolidamento concernente il calcolo del pro-rata patrimoniale della partecipante/consolidata) che l’art. 122, comma 1, lettera b), TUIR prevedeva che la stessa fosse operata dalla consolidante in sede di determinazione dell’imponibile di gruppo, ma tenendo pur sempre conto della posizione della società consolidata che sostanzialmente opera la rettifica di consolidamento e rispettando la disciplina delle società di comodo. L’Agenzia ha precisato che, qualora “il reddito “ordinariamente” determinato sia inferiore a quello risultante dall’applicazione della normativa sulle società di comodo, la consolidata comunica alla fiscal unit il reddito derivante dall’applicazione di quest’ultima disposizione e la consolidante non può effettuare alcuna variazione in diminuzione per rettificare tale importo, in quanto la stessa determinerebbe – in violazione della predetta normativa “speciale” – la riduzione dell’importo assoggettato a tassazione”. La stessa Agenzia ha, altresì, precisato che, “nella diversa ipotesi in cui il reddito “ordinariamente” determinato (ad esempio, pari a 1.000) sia maggiore rispetto a quello risultante dall’applicazione della normativa sulle società di comodo (ad esempio, pari a 800), la consolidata non operativa (che non abbia superato il test di operatività) comunica alla fiscal unit il reddito determinato ordinariamente (1.000) e la consolidante ha diritto ad operare la rettifica in diminuzione ex articolo 122, comma 1, lettera b), del TUIR solo fino a concorrenza dell’eccedenza del reddito ordinariamente determinato rispetto a quello determinato con l’applicazione della normativa sulle società di comodo (nell’ipotesi, pari a 200)”;

– (nella circolare 4 maggio 2007, n. 25/E) che “in coerenza alla ratio della disciplina di contrasto alle società non operative (che impone a queste ultime di evidenziare un reddito da assoggettare a tassazione non inferiore ad un imponibile minimo forfetariamente determinato), si ritiene che le perdite di periodo di Tizio non possano essere utilizzate per compensare l’imponibile ricevuto per trasparenza dalla propria partecipata non operativa”.

Va, tuttavia, ricordato che tali prese di posizione riguardano situazioni non del tutto coincidenti con quella in esame.

Il caso che ha formato oggetto della risoluzione n. 36/E del 2007 riguardava l’indeducibilità parziale degli interessi passivi sostenuti dalla stessa società non operativa: caso, quindi, diverso da quello della estensione alla fiscal unit della disciplina delle società di comodo applicabile alla società che partecipa al consolidato.

Nella circolare n. 25/E del 2007 si esamina, invece, il caso di un imprenditore individuale che consegue delle perdite dalla gestione della propria impresa individuale e dalla partecipazione in una società di persone, che l’Agenzia ha ritenuto non utilizzabili per compensare il reddito minimo derivante dalla partecipazione in un’altra società non operativa. L’esempio prospettato riguardava, quindi, redditi e perdite “d’impresa” imputabili alla stessa persona fisica.

La problematica in questione è stata, invece, direttamente affrontata dalla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, sez. II, nella sentenza 19 maggio 2010, n. 87, nella quale è stato ritenuto che la partecipazione al consolidato “non possa comunque pregiudicare l’applicazione della normativa speciale di contrasto alle società non operative” e che “consentire alla consolidante non operativa di elidere la propria quota di imponibile minima attraverso la compensazione di quest’ultima con le perdite delle altre consolidate, avrebbe la conseguenza inaccettabile di alterare il preciso disposto legislativo contenuto nella L. 724/94”.

Pertanto, a parere della detta Commissione, “il divieto tra l’imponibile legislativamente imposto alle società non operative e le perdite degli altri soggetti del gruppo si giustifica proprio con la volontà di assoggettare a tassazione, in ogni caso, il reddito minimo delle società di comodo, evitando così un utilizzo strumentale del consolidato fiscale”. Nella sentenza è stata richiamata anche la risoluzione n. 36/E del 2007, dalla quale è stato ritenuto possibile desumere il principio che “il legittimo vantaggio dell’opzione per il consolidato, consistente nella possibilità di determinare in capo all’ente controllante un’unica base imponibile per l’intero gruppo societario, in misura corrispondente alla somma algebrica degli imponibili di ciascuna società che vi partecipa, non può erodere la fiscalità minima comunque prevista per le società di comodo”.