L’ipotesi: in pensione a 63 anni, ma con penalizzazione


di redazione

0Il 31 dicembre prossimo venturo scade la validità della norma definita “Quota 100”, approvata nel 2018 dal primo governo Conte in via sperimentale per tre anni. “Quota 100” dà, appunto fino all’ultimo giorno del 2021, la possibilità di andare in pensione a 62 anni con 38 annidi contributi.
Con tutta probabilità nei tre mesi e mezzo che mancano alla scadenza del 31 dicembre ci sarà sarà un incremento delle domande di pensionamento che, alla fine di agosto, si contano in 341mila, con un costo per lo Stato di circa 18,8 miliardi fino al 2030. Si prevede che entro il termine di scadenza si potrà arrivare a superare i 400mila pensionamenti.
È importante chiarire che i lavoratori che raggiungono il possesso dei requisiti richiesti per poter usufruire di “Quota 100” entro il 31 dicembre 2021, il cui numero è di almeno 500mila persone, potranno usufruire del diritto acquisito anche in seguito, negli anni a venire, in qualsiasi momento.
Si riapre così la partita pensioni. Malgrado la Lega di Matteo Salvini minacci di fare le barricate dentro e fuori dal Parlamento per difendere il provvedimento, l’archiviazione di “Quota 100” sembra ormai scontata, il governo è però chiamato a trovare nuove soluzioni. Da parte dei sindacati confederali, Cgil, Cisl e Uil, si preme per abbassare l’età minima pensionabile, oggi fissata a 67 anni, ed è colta da tutti l’esigenza di evitare lo scalone del 2022. Potrà il governo venire incontro a queste esigenze contenendo la spesa?
Quanto all’età minima pensionabile si parla con sempre maggiore insistenza della soglia d’età di 63 anni, quella cioè attualmente richiesta per l’Ape sociale, strumento che si verrebbe rendere strutturale, allargandolo ad una platea di lavoratori più vasta rispetto a quella oggi prevista. Si pensa, in particolare, ai lavoratori che svolgono mansioni gravose.
Tuttavia chi sceglierà di andare in pensione a 63 anni, con quattro anni di anticipo rispetto ai 67, dovrebbe subile, secondo gli esperti, una penalizzazione del 2 – 3 % annuo sulla quota “retributiva”.
Si apre sulle pensioni una partita politica molto delicata, che richiederà tutta la capacità di mediazione e di persuasione del premier Draghi.