Se si può essere d’accordo con il pareggio delle partite correnti, risulta castrante non differenziare gli investimenti dalle spese correnti. Sarebbe più manageriale se gli investimenti, esclusi dal vincolo del pareggio contabile, fossero esaminati e sottoposti a controllo prevedendo modalità di approvazione che richiamano alla mente la programmazione economica dei bei tempi
di Renato Costanzo Gatti
La Costituzione de jure è affiancata da una Costituzione de facto che, prima o poi, dovrebbe essere recepita, secondo le modalità richieste dalla Costituzione stessa, in una revisione costituzionale.
Esaminiamo oggi l’art. 81 della Costituzione:
“Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.
Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale.”
Questo articolo è stato modificato nel 2012 (dal governo Monti per aderire ad una raccomandazione comunitaria) nel senso di introdurre esplicitamente il pareggio di bilancio anche se nel testo definitivo il pareggio è ridefinito come “equilibrio” condizionato dalla fase ciclica.
Val la pena ricordare che nei successivi 20 anni dalla modifica costituzionale, il famoso pareggio di bilancio non è mai stato osservato, creando ogni anno un deficit che va ad aumentare il debito pubblico, portando quest’ultimo a livelli mai visti, anche se giustificati, come previsto dal secondo comma dell’articolo 81, da eventi eccezionali quali la pandemia.
Ora se si può essere d’accordo con il pareggio delle partite correnti, l’articolo risulta castrante non differenziando gli investimenti dalle spese correnti (golden rule di Delors). Come sarebbe molto più manageriale se gli investimenti, esclusi dal vincolo del pareggio contabile, fossero esaminati e sottoposti a controllo prevedendo modalità di approvazione che richiamano alla mente la programmazione economica dei bei tempi, mentre sulle spese correnti si esercitasse un severo controllo sugli sforamenti facendone motivo di responsabilizzazione del governo.
La norma costituzionale, nel rispetto di una Repubblica parlamentare quale la nostra dovrebbe essere, investe le Camere con il compito di approvare consuntivo e preventivo, ma l’approvazione del consuntivo si riduce ad una semplice presa d’atto dell’operato del governo, e, quindi, il vero ruolo politico del Parlamento dovrebbe essere la discussione e approvazione del bilancio preventivo.
Rileviamo però che da molti anni, ed in particolare quest’anno il Parlamento è stato escluso di fatto da una vera discussione sia in commissione che in aula, riducendo il suo ruolo ad un ratificatore dell’operato e delle proposte del Governo (ecco riaffacciarsi il presidenzialismo de facto evocato da Giorgetti).
L’iter legislativo della legge di bilancio 2022 è stato una corsa contro il tempo per per l’approvazione disegno di legge da parte del Parlamento entro il 31 dicembre 2021 ed evitare l’esercizio provvisorio. Il testo, dopo la discussione in commissione Bilancio, è arrivato blindato alle Camere per ottenere il via definitivo entro fine anno. Ma al di là della tempistica è da rilevare che il disegno di legge non è stato discusso né al Senato, dove non è stato messo in discussione nessun emendamento ma si è arrivati subito alla presentazione di un maxiemendamento governativo, non presentato preventivamente alla commissione parlamentare, su cui oltretutto è stata posta la fiducia, esonerando completamente il Senato dal suo compito costituzionale; il successivo passaggio alla Camera non è stato altro che una formalità fastidiosa.
Questa prassi, questa modalità che si è consolidata, va, se vogliamo essere un paese serio, modificata almeno per mettere fine a una presa in giro ipocritamente vissuta da tutti.