L’INTERVISTA = Iran al voto: Pedde, riformisti hanno chance


Le elezioni anticipate di venerdì in Iran non sono dall’esito scontato e la variabile determinante sarà l’affluenza: “Se si riuscirà a convincere gli elettori ad andare alle urne, invertendo la tendenza all’astensionismo, allora il prossimo presidente della Repubblica islamica potrebbe anche essere un riformista, mentre un’affluenza scarsa porterà alla vittoria di un ultraconservatore”. È l’analisi condivisa con Agi da Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies – think tank specializzato sui temi della politica, della sicurezza e dell’economia nelle regioni del Medio Oriente e dell’Africa – a meno di una settimana dalla consultazione che deciderà il successore di Ebrahim Raisi, morto in un incidente di elicottero lo scorso 19 maggio.
L’affluenza rimane “un elemento importante per la Guida Suprema, Ali Khamenei, perché è l’unica reale forma di legittimazione davanti alla comunità internazionale e a un’opinione pubblica interna sempre più disillusa”. Secondo l’analista, ne è la prova il fatto che alla corsa è stato ammesso – a differenza delle scorse presidenziali – anche un candidato riformista, Massoud Pezeshkian. “In questo modo”, spiega Pedde, “il voto può essere più difficilmente tacciato di manipolazione” e hanno meno ragion d’essere gli appelli al boicottaggio per mancanza di alternative e reale competizione.
“Le possibilità che si vada quantomeno a un ballottaggio tra il candidato riformista e un conservatore è concreta”, sostiene Pedde. “Se l’affluenza sarà mediamente elevata”, ipotizza l’analista, “la sfida potrebbe essere tra Pezeshkian e l’ex sindaco di Teheran, Mohammad Qalibaf, che può intercettare anche il voto di aree centriste”. Una scarsa affluenza, invece, “avvantaggerà gli ultraconservatori e in particolare Said Jalili, esponente della fazione dei Paydari (gli ultraconservatori), che non è maggioritaria all’interno della componente del voto conservatore, ma ha una base molto coesa e compatta”. Lo si è visto nelle elezioni parlamentari di marzo, “dove la scarsa affluenza ha penalizzato tanto l’aerea riformista e centrista quanto quella principalista (i conservatori che fanno riferimento ai principi della Rivoluzione islamica) e i Paydari si sono affermati come area maggioritaria”, ricorda Pedde. Lo scenario di una presidenza Jalili, però, non sarebbe il favorito di Khamenei: “Porterebbe a una rivisitazione ancora più radicale dell’esperienza di Mahmoud Ahmadinejad che con la Guida Suprema entrò in aperto conflitto durante il suo secondo mandato”. (AGI)