Dal volume “Pompieri, cinquecento anni di una antica istituzione” di Michele Sforza
Già dai primi anni del Novecento, parallelamente all’evoluzione tecnologica, andava via via sviluppandosi la cultura della prevenzione incendi, una sorta di profilassi sociale applicata alla sicurezza e alla difesa dagli incendi, scaturita dall’esperienza e dagli studi dei tecnici addetti ai servizi di soccorso. Essi, vivendo a stretto contatto con gli incendi (ed incidenti in genere), e con le relative cause-effetto, avevano più di ogni altro la possibilità di studiare le forme migliori per prevenirlo tanto nelle strutture particolarmente esposte, quali le industrie, i magazzini, i laboratori, le sale cinematografiche, i teatri e le autorimesse, quanto negli edifici di civile abitazione.
In tal senso fu preziosissimo l’impegno della Federazione Tecnica italiana dei Corpi dei Pompieri, che dalla sua nascita ebbe un ruolo attivo nella diffusione e nello sviluppo delle tematiche legate alla prevenzione degli incendi. Essa si impegnò attraverso numerosi convegni e articoli, a promuovere un’efficace azione di denuncia di una situazione non più sostenibile per l’assenza di adeguate forme di sicurezza, sollecitando nel contempo gli amministratori pubblici ad un maggiore impegno, senza risparmiare loro continui richiami alle responsabilità.
Una delle tematiche più dibattute è stata quella della sicurezza nei luoghi di pubblico spettacolo, in particolare nei teatri, dove l’incendio sempre in agguato, spesso era non solo la causa di gravi danni al patrimonio artistico e architettonico, nonché economico, ma purtroppo era anche la causa di ingenti perdite di vite umane.
E’ impressionante analizzare i dati delle vittime avutesi dal 1772 al 1887: ben 8100 persone che perdettero la vita per incendi o cause dipendenti da esso in diversi teatri del mondo.
Anche Torino con i suoi numerosi teatri conobbe più di una volta la violenza del fuoco. Il teatro Alfieri venne distrutto per ben tre volte: nel 1863, 1868 e nel 1927. Nel 1828 fu distrutto il Teatro Rossini e nel 1868 il Teatro Nota. Sono esclusi da tale elencazione i teatri distrutti dai bombardamenti del 1940/’45.
Ma l’incendio più grave che colpì il patrimonio teatrale torinese, fu quello del 1936, che distrusse completamente il Teatro Regio Una gravissima perdita non solo dal punto di vista artistico, ma anche architettonico.
Poco dopo la mezzanotte del 8 febbraio 1936, esattamente alle ore 00, 49, al centralino telefonico della Caserma dei Pompieri a Porta Palazzo, giunse una chiamata per un incendio al Teatro Regio di Torino.
Poco prima un passante notò alcuni bagliori che filtravano attraverso le finestre del teatro. Riavutosi dallo sgomento di uno spettacolo per lui certamente insolito, ma alquanto “affascinante”, corse ad avvertire il custode che a sua volta immediatamente compose il numero telefonico di emergenza dei pompieri.
Ma questi quando giunsero, seppur vicinissimi al luogo del grave evento, trovarono l’intero edificio completamente avvolto dalle fiamme e per la limitata efficacia dei mezzi a disposizione, anche se numerosi, i pompieri non poterono salvare il teatro.
Inoltre la loro opera di estinzione, soprattutto della squadra giunta per prima, venne resa più lenta dal salvataggio della famiglia del custode, rimasta intrappolata all’interno del teatro. Furono necessarie due scale aeree per poter portare in salvo le sette persone, delle quali quatto erano bambini, poiché ogni passaggio interno del teatro era precluso ad ogni tentativo di fuga. Ormai tutta la sala era avvolta dalle fiamme e l’unica via di salvezza era rappresentata dalle scale dei pompieri che con grande difficoltà riuscirono comunque a raggiungere il quarto piano, dove si trovava l’alloggio del custode, proprio sopra la biglietteria.
Il salvataggio venne definito dalla cronaca di quei giorni, eroico e ardimentoso a causa delle difficilissime condizioni nelle quali si trovarono ad operare i pompieri: «Così il salvataggio fu compiuto, in modo rapido e coraggioso. I pompieri si sono comportati fedeli alle loro tradizioni, superbamente. Con coraggio inimitabile si son lanciati sui tetti pericolanti, hanno sfidato le fiamme entro cui trascorrevano per portare più oltre i torrenti d’acqua rovesciati dagli idranti, hanno dato, in una parola, una magnifica dimostrazione di perizia, di valore, di sprezzo della vita».
Ai pompieri si deve anche la salvezza dell’Archivio di Stato, che conservava e conserva tutt’ora dei veri tesori d’arte, e dell’Accademia Militare, semidistrutto pochi anni dopo per un bombardamento aereo. Infatti vista l’impossibilità a salvare qualcosa del teatro, la loro opera di estinzione si indirizzò soprattutto all’isolamento dei due preziosi edifici.
Ma lasciamo la descrizione dell’evento al Comandante Provinciale del Corpo Pompieri di Torino: Ing. Giulio Viterbi, che in una sua relazione ricostruisce non solo l’evento, ma aggiunge alcune sue amare considerazioni:
“I teatri vengono costruiti per offrire spettacoli al pubblico, e quando bruciano offrono ancora per l’ultima volta un episodio dell’Eterna Commedia della Vita.
Il Teatro Regio di Torino non è più, e intorno alle rovine fumanti i cittadini piangono, le Autorità ricercano le cause e le responsabilità, i giornali quotidiani fanno festa con abbondante e interessante materiale di cronaca.
L’interesse dei Pompieri e dei Comuni spinge a visite istruttive di valenti funzionari delle principali Città.
Il Comandante dei Pompieri di Torino manda a «Il Pompiere Italiano» una relazione ricca di grafici e di fotografie.
I Pompieri italiani e stranieri leggono e commentano in attesa di altre relazioni, di altri incendi in altre Città.
In qualche altro teatro si apportano perfezionamenti alle previdenze contro gli incendi suggerite o ricercate per tema che esso subisca la stessa sorte”.
Il Teatro Regio verrà ricostruito sulle sue rovine, fondate 200 anni or sono, più moderno, più sicuro.
Un passante, visti i bagliori di fiamme attraverso le finestre dell’edificio, ne ha avvertito il custode, questi i Pompieri, e quest’ultimi, impotenti a spegnere l’incendio, hanno data la precedenza all’isolamento salvando del teatro tizzoni inservibili.
Sono rimasti in piedi i muri, mentre le coperture furono fortemente danneggiate.
Il presidente della Società che gestisce il teatro, ne era uscito per ultimo alle ore 0,35. Alle 0,49 i Pompieri venivano avvertiti, e superata la distanza di circa 500 metri trovavano il fuoco troppo esteso per poterlo vincere con una sola squadra di 10 uomini, mentre altra squadra provvedeva contemporaneamente ai salvataggi con autoscala. Le squadre sopraggiunte di rinforzo trovavano il fuoco tenuto a bada dalla prima, ma ormai troppo esteso.
Interessante la rapidità di propagazione del fuoco.
Interessante il rilievo dei mezzi che avrebbero potuto rallentare la propagazione e favorire la estinzione se fossero stati predisposti.
Interessante il riconoscimento della insufficiente sorveglianza dopo lo spettacolo.
Lo svolgimento delle manovre non offre particolarità, salvo l’entità dei mezzi che furono messi in azione per spegnere ed isolare.
Il Teatro è contiguo all’edificio dell’Archivio di Stato e a quello dell’Accademia Militare.
Nella Piazza Castello abbondano le bocche d’incendio predisposte, e di più la piazza è attraversata da un canale sotterraneo.Il primo attacco fu diretto al palcoscenico entrandovi al sottopalco, e contemporaneamente veniva effettuato il salvataggio della famiglia del custode al 3° piano mediante scala aerea.
Giungevano quindi i rinforzi dalla Caserma Centrale e dalla Caserma succursale del Lingotto con Pompieri di guardia, Pompieri fuori servizio e richiamati, e Militari del Corso Pompieristico, complessivamente 126 uomini con 7 autopompe ed una motopompa, con stendimento di mtl. 4.500 di tubi e n. 23 lance e due scale aeree.
Vennero iniziate le operazioni di isolamento col taglio del tetto verso l’Archivio di Stato e verso l’Accademia Militare.
Venne rinforzato il personale alla estinzione dell’incendio attaccando il fuoco anche dal cortile dell’accademia Militare dal quale si spinse anche una squadra a completare l’isolamento verso l’Archivio.
L’incendio fu spento verso le ore 4.
Il fuoco ha avuto inizio o sulla ribalta del palcoscenico o all’orchestra estendendosi sul palco stesso e nell’orchestra fino a raggiungere i palchi di proscenio. Il tiraggio era chiamato all’inizio verso la copertura in cemento armato del palcoscenico, immediatamente sotto alla quale erano disposte numerose finestre provviste di apertura automatica con fusibile.
Successivamente il tiraggio si è spostato verso la sala chiamato dal lucernario centrale i cui vetri avevano ceduto all’effetto del calore. La copertura della sala, in ferro, si è abbattuta su se stessa arrestandosi sui travi di ferro principali portanti.
I Pompieri Militari gareggiarono in perizia e sveltezza coi Pompieri Civici ed alcuni di essi rimasero leggermente feriti.
CONSIDERAZIONI
La perdita del teatro è dovuta alla insufficienza dei primi mezzi di soccorso inviati rispetto alla gravità e rapidità dell’incendio, non previsti a causa dell’ora di poco successiva alla fine dello spettacolo, e dalla laconicità della chiamata. Anche se una delle due prime squadre inviate non fosse stata distratta dai salvataggi, il fuoco non sarebbe stato fermato.
I successivi mezzi richiesti e giunti sull’incendio trovarono il fuoco esteso oltre le loro possibilità di immediata estinzione.
Nessuna previdenza esisteva per la sorveglianza notturna del teatro, ne a mezzo di custodi, ne a mezzo di segnalatori automatici.
I mezzi per ritardare l’incendio si riducevano alla ignifugazione del palcoscenico e del sottopalco. Essa è servita a ritardare l’incendio del sottopalco ove, l’incendio stesso non si sarebbe propagato rapidamente dall’alto in basso. La stessa ignifugazione non è servita a ritardare l’incendio del pavimento del palcoscenico perché è stata neutralizzata e peggio da una unzione di petrolio eseguita per preservare dalla polvere la gola di un tenore. Le scene e materiale scenico non erano ignifugati, e nemmeno i palchi tutti in legno.
Non esisteva telone metallico.
Le bocche da incendio interne con tubi e lancia erano disposte nei posti assegnati ai Pompieri di guardia durante lo spettacolo e risultarono inaccessibili durante l’incendio. Si è riconosciuta così la opportunità di disporre bocche da incendio anche in prossimità degli ingressi degli edifici adibiti a teatro.
Queste sono le risultanze offerte dall’esperienza che è costata la vita ad un teatro bicentenario al quale succederà un altro più moderno e razionale, ma al quale i Torinesi erano attaccati memori dei gloriosi avvenimenti di cui il Teatro fu teatro.
Ma i pompieri non si occuparono solo dell’estinzione dell’incendio. Il loro lavoro durò ancora per moltissimi giorni, almeno fino a quando non vennero completamente demolite le strutture pericolanti. Le operazioni di demolizione, proibitive per qualunque altra persona, vennero compiute dai pompieri più esperti e smaliziati nel muoversi acrobaticamente tra muri instabili, la ragnatela dei tralicci e delle travi in ferro deformate dal fuoco e pericolanti, che tenevano su il tetto dell’enorme volta della sala. Un lavoro compiuto a molti metri di altezza.
La grande griglia contorta doveva essere smantellata e portata giù dentro la fossa nera della sala. A dirigere tali operazioni fu il famoso, almeno per noi pompieri, maresciallo Ressia, già protagonista di altri “ardimentosi” interventi come quello di alcuni anni prima compiuto dall’alto dei 160 metri della Mole Antonelliana, per riparare la stella posta sulla sommità del simbolo torinese.
Il Regio, costruito nel 1738 su progetto dell’architetto di corte Benedetto Alfieri Bianco dei conti di Cortemilia (era lo zio del celebre tragediografo Vittorio) e inaugurato solo due anni dopo, il 26 dicembre 1740, alla presenza di tutta la corte con l’opera Arsace.
Il Teatro Regio era degno di una grande capitale europea come lo era Torino nel periodo. Venne costruito in tempi rapidissimi, con una spesa complessiva, enorme per quell’epoca, di Lire 822.606 lire. Aveva ben 139 palchetti distribuiti su cinque ordini, assegnati in base a gerarchie ben delineate in seno alla corte, con una capienza complessiva di circa 2500 posti.
La sua ricostruzione, nonostante i buoni propositi, purtroppo dovette attendere non solo il passaggio della Seconda Guerra Mondiale, ma ancora gli anni ’50 e ’60.
Dopo diverse vicissitudini e a causa della recessione del dopo guerra, l’Amministrazione Comunale bandì un ulteriore concorso – il primo era del 1937 ma non ebbe fortuna – ritenuto più consono con il nuovo riassetto urbanistico della zona e con le mutate condizioni socioeconomiche, affidando il nuovo incarico all’architetto Carlo Mollino. I lavori iniziarono nel settembre del 1967.
Il nuovo Teatro Regio venne inaugurato il 10 aprile del 1973 con l’opera di Giuseppe Verdi “I vespri siciliani”.
Il Regio, oggi come allora, è uno dei maggiori teatri europei, sia per la qualità acustica, sempre oggetto di nuovi e periodici perfezionamenti, sia per le produzioni teatrali sempre di prima qualità.