Una volta Giufà si trovò a passare nei pressi di un pozzo e vide la luna riflessa nell’acqua. Gli parve che la poveretta fosse caduta nel pozzo. Riflettendo sul da farsi si disse: “Devo scendere a salvarla!”. È uno dei numerosi aneddoti di cui si è alimentata a lungo la saggezza popolare siciliana mediante la figura del filosofo Giufà, così stupido da raggiungere livelli eccelsi di intelligenza delle umane cose. L’identità siciliana è come la luna nel pozzo, per Franco Lo Piparo che per Sellerio ha scritto “Sicilia isola continentale. Psicoanalisi di una identità”, che “l’astuto e generoso intellettuale salva dall’annegamento e, vedendola poi in cielo, rimane soddisfatto del proprio lavoro di salvataggio”. Due contrastanti versioni della Sicilia – “metafora del mondo”, oppure pezzo, importante ma non autonomo, dell’Italia; la Sicilia del Gattopardo opposta a quella di Vittorini – sono analizzate con profondità da un osservatorio decisivo: la lingua. Il linguista e filosofo si avventura su una decostruzione della cultura sicilianista, e un’analisi del rapporto originario, di nascita, tra la lingua siciliana e l’italiana. Quello dell’autore – che annovera opere come Sicilia linguistica (1987), Aristotele e il linguaggio (2003), I due carceri di Gramsci (Premio Viareggio 2012), Il professor Gramsci e Wittgenstein (2014 – è un saggio di storia della lingua siciliana e dell’influenza che la lingua siciliana ha sulla storia. Un storia della lingua siciliana (anzi, del siculoitaliano) e critica delle espressioni letterarie del sicilianismo; caratteri originari e raffronti con il nascente italiano (anzi, il toscoitaliano); la lingua come specchio di una mentalità. Da questi aspetti, emerge il paradosso del sicilianismo, ciò che la rivendicazione di un’identità separata rivela nascondendolo. (AGI)