Libri: esce autobiografia di Dorothy Day, attivista e scrittrice


La Libreria editrice vaticana pubblica l’autobiografia spirituale di Dorothy Day, la nota giornalista, scrittrice e attivista sociale statunitense, dichiarata Serva di Dio, che papa Francesco definì «una grande americana» nel suo intervento al Congresso degli Stati Uniti nel 2015.
Proprio papa Francesco scrive la prefazione a questo volume curato da Robert Ellsberg “Ho trovato Dio attraverso i suoi poveri. Dall’ateismo alla fede: il mio cammino interiore” (Lev, pp. 228, euro 17, in libreria dal 22 agosto) è il resoconto dei primi decenni di vita di Dorothy Day, in particolare del suo passaggio dall’ateismo di stampo anarchico e marxista all’adesione convinta alla fede cattolica, mantenendo un radicale impegno a fianco dei poveri, dei lavoratori e degli esclusi, tanto che già nei primi anni di impegno giornalistico finì due volte in carcere.
Il libro percorre, in contemporanea, i due filoni della vicenda biografica di Dorothy Day: da un lato un impegno sociale fortissimo, condotto nel proprio lavoro giornalistico sfociato poi nella fondazione e conduzione del Catholic Worker, il movimento (nome anche di un giornale da lei diretto) a favore dei senza tetto e dei bisognosi, diffuso in tutti gli Stati Uniti; dall’altro, una ricerca religiosa che assume tratti mistici, sfociata in una conversione religiosa molto “lineare”, facilitata dalla testimonianza di cristiani ordinari ma capaci di coniugare fede religiosa e coerenza di vita. Dorothy Day, nel suo racconto autobiografico che papa Francesco definisce «un’avventura che fa bene al cuore e che tanto può insegnarci per mantenere desta in noi un’immagine veritiera di Dio», argomenta in più punti il senso di una ricerca spirituale che ha attraversato tutta la sua vita, anche nei momenti in cui aveva abbandonato ogni appartenenza religiosa, ricerca legata a doppio filo con il senso e l’impegno di servizio al prossimo e di lotta contro ogni ingiustizia. Questa unità tra dimensione religiosa e dimensione sociale rende la vicenda di Dorothy Day estremamente attuale e moderna. Facendo eco all’amato Dostoevskij, di cui si confessa grande lettrice, afferma che «per tutta la vita sono stata tormentata da Dio». Ma ancora di più annota: «E anche se sono stata oppressa dal problema della povertà e dell’ingiustizia, anche se mi sono afflitta per l’orribile sorte che tocca a tante persone, anche se per lunghi anni mi sono aggrappata alla filosofia del determinismo economico per spiegare il destino dell’uomo, ci sono stati comunque dei momento in cui, in mezzo alla miseria e alla lotta di classe, la vita è stata attraversata dalla gloria». E parlando della poesia Il segugio del cielo di Francis Thompson, Dorothy Day afferma che «è una di quelle poesie che ti risvegliano l’anima, le ricordano che il suo destino è Dio. L’idea di questa ricerca mi affascinava e il fatto che mi raggiungesse inevitabilmente, che continuasse a ripresentarsi, mi faceva capire che non avrei potuto fare a meno di fermarmi, nella folle corsa della vita, per riconsiderare la mia origine e il mio fine ultimo».

Dorothy Day considerava la ricerca religiosa intrinsecamente collegata alla propria condizione di vita, quella di una persona con un senso fortissimo della giustizia sociale, capace di vedere in Sacco e Vanzetti – i due anarchici italo-americani messi a morte ingiustamente negli Stati Uniti – figure decisamente cristiane. Parlando di Vanzetti e delle sue ultime parole prima dell’uccisione nel 1927, Dorothy Day scrive: «È stato grazie a uomini come questi che mi sono convinta, a poco a poco, che la religione e Dio erano necessari nella mia vita di tutti i giorni». Nei movimenti di sinistra a favore degli operai e contro ogni disuguaglianza Dorothy Day ravvisa molto di religioso: «Spesso c’è un elemento mistico nell’amore di un lavoratore radicale verso il fratello, verso il compagno di lavoro. Ogni volta che gli uomini hanno dato la vita per i loro compagni, in una certa misura lo stavano facendo per Cristo. Lo credo fermamente». Quando invece un certo cristianesimo del tempo sembrava a Dorothy stanco, sfiduciato e insulso: «La religione, come veniva da coloro che avevo incontrato (ma i più erano indifferenti), non aveva vitalità. Non aveva niente a che fare con la vita di tutti i giorni; si limitava alla preghiera della domenica. Cristo non camminava più per le strade di questo mondo, era morto da duemila anni e nuovi profeti erano sorti al suo posto». Invece, Dorothy Day scopre piano piano la forza travolgente di un cristianesimo che parla al proprio tempo, che interseca l’anelito di giustizia e di equità che albergava nelle masse americane del tempo: «È stato l’amore umano che mi ha aiutato a capire l’amore divino. L’amore umano, al suo meglio, disinteressato, luminoso, che illumina i nostri giorni, ci fa intravedere l’amore di Dio per l’uomo. L’amore è la cosa migliore che ci sia dato di conoscere in questa vita, ma va sostenuto con uno sforzo di volontà». Per questo motivo Dorothy Day può respingere con forza, una volta pervenuta pienamente all’adesione del cattolicesimo, l’idea che credere in Dio sia “una stampella” per le persone deboli, come un suo professore aveva detto al college, rafforzandola nell’idea che la religione fosse inutile anzi dannosa.(AGI)
NIC