L'Etna nel diario di bordo dei ricercatori Ingv, "Stanchi ma felici"


AGI – Rifugio Sapienza, a 1.900 metri, versante sud dell’Etna. La squadra dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia è “meravigliosamente eterogenea”: Emanuela De Beni e Massimo Cantarero dell’Osservatorio Etneo, Tullio Ricci della sezione di Roma 1, Stefano Corradini e Lorenzo Guerrieri dell’Osservatorio nazionale terremoti.

Devono raccogliere dati diversi dopo una delle ultime eruzioni di questi due mesi esplosivi. “Saliamo con le macchine verso quote maggiori ma – raccontano come in una sorta di diario di bordo dell’Ingv – ahimè, a 2500 metri – il deposito continuo di prodotti piroclastici ci obbliga a proseguire a piedi”.

Obiettivo: i coni di scorie dell’eruzione del 2002-2003, punto panoramico da cui osservare a distanza di sicurezza (circa 800 metri) il cratere di sud-est. La strada è lunga (2,5 chilometri) e in salita e con lo zaino pieno di attrezzatura scientifica è veramente faticosa.

DRONI A SUD-EST

“Con noi ci sono i droni ormai diventati uno strumento indispensabile per le attività svolte dal Laboratorio di cartografia. Mentre io (Emanuela), Massimo e Tullio ci troviamo con i droni sul cratere, sulle sue molteplici bocche, Stefano e Lorenzo testano una nuova camera Vis-Tir per misure nell’infrarosso termico e nel visibile per stimare il flusso di SO2 emesso dall’Etna”. 

La giornata ha dato ottimi frutti: “Siamo riusciti a svolgere – sottolineano i ricercatori – una analisi morfostcratere di sud-est, a mappare la colata lavica emessa dalla Bocca della Sella il 24 marzo e abbiamo migliorato la mappa della colata del 15 marzo”.

Infine, Stefano e Lorenzo hanno testato la loro nuova camera. L’umore è alto, i dati sono ottimi e sono stati pubblicati nel Bollettino settimanale Etna: “Anche se il nostro lavoro a volte richiede sforzo e sacrifici ci permette di passare ore piacevoli in posti meravigliosi e in ottima compagnia. Una foto ricordo e poi si rientra“.

CENERE ‘IMPOPOLARE’

“In questi giorni – spiegano Michele Prestifilippo e Simona Scollo nel ‘diario’ dell’Ingv – siamo tutti pronti a controllare il tremore vulcanico dal sito dell’Ingv Osservatorio Etneo, in attesa di assistere a un’altra spettacolare fontana di lava dell’Etna, sperando che questa volta la caduta delle ceneri vulcaniche e dei lapilli risparmi le abitazioni“.

Se è vero che l’Etna, per chi lavora all’Osservatorio Etneo, ha fatto dimenticare per un po’ le preoccupazioni relative all’emergenza Covid, e ha riacceso gli animi di tutti gli appassionati della ‘Muntagna’, il deposito di ceneri e lapilli al suolo sta creando diversi disagi alla popolazione.

 

AEREI E STRADE IN CRISI

I rischi, viene spiegato, sono molteplici, a partire da quelli per esempio legati all’aviazione: le ceneri vulcaniche e i lapilli sono molto pericolosi perché non solo possono causare l’abrasione del parabrezza della cabina di pilotaggio ma, nel caso peggiore, possono causare lo spegnimento dei motori degli aerei. Le ceneri riducono la visibilità lungo le strade, irritano gli occhi e le vie respiratorie. 

Una volta deposte al suolo, le ceneri vulcaniche rimangono insidiose: la loro presenza riduce la tenuta di strada delle automobili e facilita gli incidenti stradali. Per tale motivo, infatti, ormai è una consuetudine il divieto di spostamento dei mezzi a due ruote e il limite di velocità di percorrenza degli autoveicoli a 30 km/h, da parte delle ordinanze dei sindaci.

Inoltre la ricaduta dei frammenti di grandi dimensioni (maggiore di 5 centimetri) può avvenire anche in zone facilmente accessibili ai turisti, causando delle volte la rottura dei parabrezza delle auto e danni alle persone, escursionisti e guide.
 

COME FARE PER MITIGARE QUESTI RISCHI?

Attraverso modelli matematici, proseguono i ricercatori, è possibile simulare il trasporto delle ceneri vulcaniche e dei lapilli dal cratere fino a terra. Questi modelli “hanno però bisogno di alcuni dati di input. Tra quelli più importanti ci sono l’altezza della colonna eruttiva, la massa eruttata e la distribuzione granulometrica dei frammenti vulcanici”.

I modelli, calibrati e validati su alcune eruzioni dell’Etna avvenute in passato, permettono di individuare, in prima approssimazione, l’area che sarà interessata dalla ricaduta al suolo e la distribuzione in atmosfera. Anche quando l’Etna non è in eruzione, l’Osservatorio Etneo simula giornalmente due ipotetici scenari eruttivi, in modo da avere delle stime sempre pronte di quello che possiamo aspettarci nel momento in cui si verifica un nuovo evento eruttivo.

Il primo scenario presuppone una colonna vulcanica ben alimentata e potente, alta fino a 12 chilometri sul livello del mare (“Strong Plume Scenario”). Il secondo scenario è relativo invece ad un evento di dimensioni più ridotte, con una colonna fino a 6chilometri (“Weak Plume Scenario”).

La distribuzione della cenere in atmosfera dipende in larga misura dalla direzione e dall’intensità dei venti dominanti. I modelli di dispersione utilizzati giornalmente all’Osservatorio Etneo usano le previsioni meteorologiche per ricavare la direzione e la velocità del vento alle diverse quote e nei diversi momenti della giornata. I risultati di queste simulazioni vengono poi inviati al Dipartimento di Protezione civile. In attesa del prossimo spettacolo

Source: agi