AGI – Rischio di default, crollo del settore auto, inflazione galoppante. Dopo settimane di sanzioni sempre più dure, l’economia russa sta iniziando a crollare.
Se avevano fatto inizialmente scalpore gli annunci a cascata del ritiro dalla Russia e della sospensione delle attività dei big mondiali dell’industria (da Ikea a Volkswagen, da Lego a Toyota, da Ford a Gm passando per Intel, BP, Shell, Equinor, Disney e Maersk ma ce ne sono tanti altri), i ritiri non si erano ancora tradotti in gravi ripercussioni sulla reale attività economica.
Ma diverse settimane dopo che le salve di sanzioni sono andate in crescendo dall’inizio dell’offensiva russa in Ucraina, gli effetti iniziano a farsi sentire.
Il ministero delle Finanze russo ha così annunciato di aver saldato in rubli un debito di quasi 650 milioni di dollari a seguito del rifiuto di una banca estera di effettuare il pagamento in dollari, che la espone al rischio di default dopo un periodo di grazia di 30 giorni a partire dal 4 aprile.
Per diverse settimane la Russia è riuscita a scongiurare il pericolo di un default, con il Tesoro statunitense che ha consentito l’uso di valute estere detenute da Mosca all’estero per saldare i debiti.
Ma questa settimana Washington ha inasprito le sanzioni, non accettando più i dollari detenuti da Mosca nelle banche americane.
Il ministero russo ha aggiunto che questi debiti sarebbero quindi pagati in rubli ai creditori di “paesi ostili” su conti russi, aggiungendo che “le autorità finanziarie russe prenderanno decisioni che consentiranno agli investitori di convertire i fondi in rubli da questi conti in valute estere”.
“Non ci sono basi per un vero default”, si è affrettato a tagliar corto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, rispondendo alla domanda di un giornalista durante una conferenza stampa. E ha affermato che “la Russia ha tutte le risorse necessarie per onorare i suoi debiti”.
“È difficile per la Russia evitare un default sovrano”, ha osservato Timothy Ash, analista di Blue Bay Asset. “Un default è un default. I mercati lo giudicheranno in questo modo. Gli investitori non sono stati pagati. Lo ricorderanno”.
E ha aggiunto: “Un default potrebbe non far crollare immediatamente i mercati e l’economia russi, ma avrà conseguenze devastanti a lungo termine”. L’economista stima, tra gli altri, “un impatto sugli investimenti, sulla crescita, sul livello di vita”. E sottolinea: “Putin impoverisce la Russia da anni”.
Ad avvalorare la tesi dell’inizio dello sgretolamento dell’economia russa sono anche i dati di oggi sulle vendite di auto nuove nella Federazione, crollate del 62,9% a marzo nell’arco di un anno.
Segno di un intero settore allo sbando, visto che gli occidentali hanno in particolare vietato l’esportazione in Russia di pezzi di ricambio. Molti produttori hanno anche annunciato che smetteranno di vendere componenti o auto in Russia, come Audi, Honda, Jaguar e Porsche.
E molti altri hanno annunciato la cessazione della produzione, come Renault, Bmw, Ford, Hyundai, Mercedes, Volkswagen e Volvo.
Gli stabilimenti di Avtovaz (gruppo Renault-Nissan), il principale produttore di automobili in Russia che impiega decine di migliaia di persone, sono quasi fermi a causa della carenza di componenti.
Secondo i dati Avtostat citati da Kommersant, i prezzi delle auto nuove sono aumentati in media del 40% a marzo, e fino al 60% per le vetture di fascia alta, la cui fornitura è limitata anche da problemi logistici, piuttosto che da sanzioni.
I dati sull’inflazione di marzo sono previsti in serata e dovrebbero battere i record. Alexei Vedev, ricercatore associato presso l’Istituto Gaidar dell’Università Ranepa di Mosca, stima che sarà di circa il 20% annuo, dopo aver superato il 9% a febbraio in un anno.
“È stato un mese di panico tra i consumatori”, che si sono precipitati verso prodotti di cui prevedono la scomparsa. “Man mano che la situazione si stabilizzerà, i processi oggettivi al lavoro diventeranno più chiari”.
E secondo Andrei Yakovlev, della Scuola superiore di economia di Mosca, la vera crisi non raggiungerà l’economia reale prima di questa estate o del prossimo autunno: “A maggio è probabile che un gran numero di aziende si fermi” per mancanza di componenti importati, in particolare nell’industria automobilistica che dà lavoro a centinaia di migliaia di persone, ha sottolineato.
Source: agi