Giornata nera per le relazioni tra Israele e Usa: il leader della maggioranza al Senato americano, il democratico Chuck Schumer, ha attaccato a testa bassa il premier israeliano Benjamin Netanyahu, invocando “nuove elezioni”. Per l’alto rappresentante dem, il capo del governo è un “ostacolo alla pace” e alla soluzione dei due Stati – insieme ad Hamas, all’estrema destra israeliana e al leader dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen – e ha “smarrito la strada”, anteponendo la sua sopravvivenza politica agli interessi dello Stato ebraico.
Per Schumer, ebreo sostenitore di Israele e tra i primi politici americani a recarsi a Tel Aviv una settimana dopo il massacro del 7 ottobre, Netanyahu è “troppo disposto a tollerare il bilancio dei morti tra i civili a Gaza, che sta spingendo il sostegno a Israele in tutto il mondo ai minimi storici”. “Israele – ha sottolineato – non può sopravvivere se diventa un paria”. Da qui, l’avvertimento che se la coalizione di governo guidata da Netanyahu continuerà a perseguire politiche “pericolose e incendiarie” dopo la guerra, gli Stati Uniti cercheranno di svolgere “un ruolo più attivo nel plasmare la politica israeliana utilizzando la nostra influenza per cambiare il corso attuale”.
Il discorso di Schumer, pronunciato nell’emiciclo, ha suscitato una levata di scudi da parte dell’alleato, a cominciare dal partito Likud che ha ricordato al senatore americano come “Israele non sia una repubblica delle banane ma una democrazia orgogliosa e indipendente che ha eletto Netanyahu premier”. Affermando che la politica del leader israeliano è “sostenuta dalla stragrande maggioranza della popolazione”, il partito conservatore ha sottolineato di aspettarsi “che Schumer rispetti il governo eletto e non lo indebolisca. Questo è sempre vero, ancora di più in tempo di guerra”. A nulla è valsa la precisazione del portavoce del Consiglio nazionale di sicurezza, John Kirby, secondo cui il leader della maggioranza in Senato ha espresso la sua personale opinione, senza chiedere il permesso o il parere dell’amministrazione Biden.
L’ambasciatore israeliano a Washington, Michael Herzog, ha definito “inutile, tanto più che Israele è in guerra contro l’organizzazione terroristica genocida Hamas, commentare la scena politica interna di un alleato democratico. È controproducente per i nostri obiettivi comuni”. Sulla stessa linea l’Aipac, la potente lobby ebraica negli Usa, che ha ricordato come “Israele sia una democrazia indipendente che decide da sola quando si tengono le elezioni e sceglie i propri leader”. “L’America – ha aggiunto – deve continuare a stare al fianco del nostro alleato Israele e assicurarsi che abbia il tempo e le risorse di cui ha bisogno per vincere questa guerra”.
Voce fuori dal coro quella dell’amministratrice delegata del Jewish Democratic Council of America, Halie Soifer, secondo la quale Schumer “ha fatto qualcosa di grande” invocando nuove elezioni in Israele. “Ha detto ciò che pensa la stragrande maggioranza degli ebrei americani in relazione al nostro profondo impegno nei confronti di Israele e alla preoccupazione per il suo futuro come Stato sicuro, ebraico e democratico”, ha twittato.
In una giornata già tesa, si è aggiunto l’annuncio del dipartimento di Stato Usa in merito ad un nuovo round di sanzioni, dopo quelle di febbraio, contro due avamposti illegali e tre coloni, accusati di violenze contro i palestinesi in Cisgiordania. Una decisione che ha suscitato l’ira dei rappresentanti degli insediamenti e dei ministri dell’estrema destra religiosa che li difendono.
Il ministro delle Finanze israeliano e leader di Sionismo Religioso, Bezalel Smotrich, ha condannato le misure restrittive, sostenendo che l’obiettivo è “portare all’eliminazione del movimento degli insediamenti e alla creazione di uno Stato terroristico palestinese”. “Il governo di Israele e’ al fianco degli insediamenti, e questi passi sono totalmente inaccettabili e lotteremo per abolirli”, ha assicurato. (AGI)
SCA