LE ULTIME PAROLE DI EDGARD ALLAN POE


Domenica 28 luglio alle ore 21,00 alla Corte del Museo civico del Castello Ursino di Catania, nel quadro delle manifestazioni della Catania Summer Fest 2024, sarà rappresentato “Il Faro”, dello straordinario scrittore “maledetto” di Boston, scritto diretto e interpretato da Alessandro Ferrari. Pubblichiamo la nota introduttiva dell’autore

“IL FARO – Le ultime parole “poco” famose di Edgar Allan Poe” sono il lascito letterario pressoché ignoto al grande pubblico del maestro indiscusso della narrativa sovrannaturale Edgar Allan Poe (Boston, 19 gennaio 1809 – Baltimora, 7 ottobre 1849). È emersa, appunto, fra i documenti postumi del poeta una traccia autografa di appena 600 parole che è il principio di un racconto “The Lighthouse” (“II Faro”), lasciato incompiuto, e che, salvo eccezioni, non è incluso in alcuna antologia riservata allo scrittore nordamericano. La trama accennata nel manoscritto è quella di un personaggio simbolo che, seppure in forma romanzata, ricalca la complessa personalità dello stesso Poe: un folle nobiluomo genialoide dedito all’occulto e perennemente in bilico tra tentazioni faustiane, stregoniche trasmutazioni, deliri d’onnipotenza e catastrofi dissolutive dell’io. D’altronde, la stessa misteriosa morte di Poe, avvenuta a soli quarant’anni d’età il 7 ottobre del 1849, dopo essere stato rinvenuto esanime nelle strade di Baltimora quattro giorni prima del fatale evento in circostanze mai chiarite, getta un’ombra di maledizione perpetua sulla sua triste memoria. La sorte grama dello sventurato genio bostoniano, creatore dell’immortale poema “Il Corvo”, ad un’attenta analisi, risulta paradossalmente ancor più enigmatica ed inquietante dei suoi celeberrimi, quanto orripilanti, racconti: “Il Gatto Nero”, “Il Pozzo e il Pendolo”, “La Verità sul Caso del Signor Valdemar”, “Il Crollo della Casa Usher”, “La Maschera della Morte Rossa”, “Il Cuore Rivelatore”, “Ligeia” – solo per citarne alcuni. Ciò la dice lunga sull’irresistibile fascino che la sua fama sulfurea di artista “dannato” continua a esercitare sulla fantasia degli studiosi e dei semplici appassionati della sua opera di tutto il mondo, arrivando persino a influenzare il comportamento, il linguaggio, l’estetica e l’immaginario contemporanei. Poeta d’elezione, istrionico fabulatore e conferenziere (i suoi genitori erano attori), feroce critico di costume, filosofo trascendentalista, raffinato linguista, creatore del genere cosiddetto “poliziesco” (il suo investigatore Auguste Dupin è l’antenato del più noto Sherlock Holmes, ideato da Arthur Conan Doyle), Edgar Allan Poe è stato anche uno degli autori prediletti dal cinema fantastico che ha realizzato svariate trasposizioni dei suoi personalissimi “incubi” in pellicola (le più famose delle quali sono quelle dirette da Roger Corman negli Anni Sessanta e interpretate dal magistrale Vincent Price). Leggendo tra le righe del frammento ritrovato di Poe – IL FARO – cercando di scovarvi – chissà! – un significato nascosto che aiuti a comprendere meglio lo sciagurato epilogo avvolto nella bruma della sua esistenza terrena, si tenterà di stabilire un parallelo assolutamente inedito tra questo e la cronaca fedele delle ultime disperate ore di vita del visionario poeta, agonizzante in un letto di contenzione nella torretta-prigione dell’ospedale di Baltimora, riservata ai malati gravi. Come provenienti da un’altra dimensione della realtà (oseremmo dire ‘sulla soglia dell’oltretomba’), “Le ultime parole “poco” famose di Edgar Allan Poe” pronunciate in punto di morte congiungono indissolubilmente vita ed arte nella leggenda; evocando nel delirio il finale aperto del suo romanzo iniziatico Le fantastiche avventure marinaresche di Arthur Gordon Pym (evidente alter ego dello scrittore). Nell’accecante biancore apocalittico con cui si conclude il libro, di fatto, prende forma definitivamente il mito collettivo di un Poe rivelatore dell’aldilà e profeta del destino dell’uomo. Inoltriamoci, dunque, nell’angosciante universo svelatoci dal compianto Edgar Allan Poe; memori, però, di ciò che recita un antico detto gnostico: “Non si può vedere Iddio senza morirne”… (Alessandro Ferrari).
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