Le tensioni Usa-Cina e Taiwan avvelenano l'Assemblea Oms


Si apre domani, in piena pandemia di coronavirus, un’assemblea mondiale dell’Organizzazione mondiale della Sanità per molti versi storica. Per la prima volta dalla fondazione dell’agenzia dell’Onu nel 1948, i lavori si svolgono in videoconferenza e con il mondo alla prese con un’emergenza sanitaria che ha fatto più di 300 mila morti. Le abituali tre settimane di lavori sono state ridotte a una due giorni di interventi dei ministri della Salute e di altri rappresentanti dei 194 Stati membri, ma stavolta è la stessa agenzia dell’Onu a finire sotto esame, sullo sfondo dello scontro Usa-Cina che dai dazi si è trasferito nell’arena globale della protezione della salute. 

Gli Stati Uniti hanno messo sul banco degli imputati il direttore generale dell’Oms, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, al quale l’Amministrazione Trump rimprovera di “aver ignorato l’allarme sul coronavirus fin dal 31 dicembre”, ritardi nella dichiarazione della pandemia e accondiscendenza verso Pechino che avrebbe nascosto la reale portata del Covid-19. Alle accuse è seguito l’annuncio della sospensione dei fondi Usa all’agenzia che sono un decimo del suo bilancio annuale di sei miliardi di dollari. 

L’Organizzazione ha respinto le accuse al mittente ma la 72ma Assemblea sarà l’occasione per affrontare tutti le tematiche “delicate” dell’intera gestione della pandemia. “Non vedo l’ora di lavorare con i leader mondiali per garantire l’ottimizzazione della risposta al Covid-19 e la costruzione di un sistema sanitario più forte”, ha assicurato Ghebreyesus.

L’altro nodo è Taiwan che si intreccia con le accuse americane alla Cina: gli Stati Uniti ed alcuni Paesi europei hanno chiesto che l’isola-Stato partecipi ai lavori, in qualità di osservatore, come successo già dal 2009 al 2016, ma la Pechino si è opposta minacciando rappresaglie. “Il modello Taiwan ha dimostrato che una democrazia trasparente può rispondere in modo efficace alla pandemia di Covid-19”, ha affermato il vice ministro degli Esteri di Taipei, Kelly Wu-Chiao Hsieh alludendo ai soli 440 contagi e sette decessi per il coronavirus. L’Oms, però, insiste che per ammettere Taiwan serve una risoluzione degli Stati membri che nel 1972 hanno deciso che Pechino era l’unica rappresentante legittima della Cina, lasciando capire che serve un via libera del governo cinese che considera l’isola come “una provincia ribelle”. 

La politicizzazione dell’evento rischia di pregiudicare la possibilità di un accordo politico sulla fase di uscita graduale dalle pandemia e sulle misure da mettere in campo per evitare o limitare un suo ritorno in autunno.

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Fonte: estero agi