Le ragioni incomprensibili di una guerra incomprensibile


di Ettore Minniti

L’odierna guerra (e non chiamatela operazione speciale militare) ha origini antiche. La contrapposizione fra Russia e Ucraina nasce fin dall’indipendenza dell’Ucraina, nel 1991. In quel periodo storico, il paese si divise in due, con un ovest cattolico e filoeuropeo e un est filorusso, che ha il suo centro nelle due repubbliche autoproclamate nel Donbass: Donetsk e Luhansk, dove si parla ancora il russo come prima lingua.
Oggetto del contendere odierno sembrerebbe apparentemente quanto successo in quella regione dal 2014 ai giorni nostri. Ma così non è! Assolutamente riduttivo e fuorviante!
Come spiega bene il giornalista Pancho Pardi nel suo articolo “l’Occidente cattivissimo”, “tra il 1989 e il 1991 il socialismo sovietico collassa in modo rapido e inesorabile. Non c’è dubbio che USA e Nato fossero suoi dichiarati avversari. Ma il loro ruolo nel crollo dell’URSS è pari a zero. Il socialismo sovietico collassa sotto il suo stesso peso: crisi demografica, inefficienza economica, sclerosi sociale, gigantismo militare, ossificazione burocratica, totale illibertà di espressione del pensiero, classe dirigente geriatrica e immobile”.
La crisi è antica, dunque, e va ricercata nel disgregamento delle “tre sorelle slave” Russia, Bielorussia e Ucraina. Con la caduta dell’Unione sovietica nel 1991 gli stati si sono formalmente separati, ma la Russia continua a voler riportare le due nazioni sotto la sua orbita, anche per la relazioni di parentela tra cittadini dei tre stati.
“Il crollo dell’URSS, per motivi interni e non certo per colpa degli Usa / Nato”, come sostiene il Pardi, “ha prodotto alcune conseguenze obbligate come mosse di scacchi. Il fenomeno più rilevante è la diaspora dei paesi satelliti. Questi colgono l’occasione per liberarsi dalla sottomissione dal Cremlino. Gli ex satelliti hanno voltato le spalle all’Impero asiatico e si sono rivolti all’Europa.
Ritornando ai giorni nostri. La diaspora tra Putin e Zelensky riguarda l’apertura dell’Ucraina verso l’Europa. Nel 2014 avvenne quella che è passata alla storia come Euromaidan, la rivoluzione della Dignità, dopo che il presidente filorusso Viktor Yanukovich sospese l’accordo di libero scambio tra Ucraina e Ue. Da lì iniziò il processo di impeachment del presidente e fu instaurato un governo ad interim con il filoeuropeo Oleksandr Turcinov, mai riconosciuto da Mosca. A maggio fu eletto Petro Poroshenko, e nel 2019 l’attuale presidente Volodymyr Zelensky. La vicinanza dell’Ucraina all’Europa non è mai andata a genio a Mosca, che si è sentita minacciata dall’apertura dell’Ucraina all’occidente”.
La storia dell’Ucraina è parte fondante della Grande Russia fin dal Medioevo e al momento omettiamo quanto successe in Ucraina nel 1991 e nel 2004 con la rivoluzione ‘arancione’ con la quale si avvicina all’Europa, perché vede in quest’area un baluardo contro l’espansionismo russo.
Nel frattempo, sale al potere Putin e come ben sappiano la guerra è una ricorrente costante degli imperi. “Putin ha voluto-dovuto”, spiega il Pardi, “ricostruire l’orgoglio dell’esercito russo frustrato dalla sconfitta in Afghanistan e dall’esito incerto della prima guerra cecena. Non c’era niente di meglio che altre guerre. Così Putin ha sapientemente riabituato la Russia alla guerra. Ha dovuto inscenare un oscuro terrorismo per aprire la seconda guerra cecena. In cui ha mostrato che cosa si debba fare per spianare un paese (Groznj rasa al suolo e tutto il resto). Seguono le rapide, efficaci persuasioni armate su Georgia, Kazakistan, la presa della Crimea, lo spianamento della Siria a favore di Assad”.
Il pensiero ricorrente in Putin è quello di ricostruire la potenza originaria e perduta con il crollo dell’URSS.
Ritornando all’odierna questione del Donbass, indicata da più parti come il male di tutti i mali, la risposta della Russia alle proteste ucraine è stata l’invasione della Crimea e il successivo appoggio russo alla rivolta dei separatisti filorussi nel Donbass, dove sono state dichiarate due repubbliche indipendenti. Gli scontri, nonostante il cessate il fuoco sia stato dichiarato ormai da tempo, non sono mai stati interrotti.
Purtroppo, è fuorviante attribuire alla sola Ucraina l’origine e la pratica del conflitto per quanto fatto in Donbass. È bene chiarire che dopo l’occupazione russa manu militari della Crimea, sull’Ucraina Orientale, nella regione in questione, iniziano a spirare venti di guerra. Nella primavera del 2014 le popolazioni di etnia russa dei distretti di Donetsk e Lugansk si sollevano contro le autorità ucraine, aizzate da una sofisticata campagna di “operazioni sulle informazioni” operata dal Cremlino, con la tecnica di manipolazione e gestione dei mass media, nel quadro del concetto di “guerra ibrida”.
Occupati con la forza edifici governativi e basi militari, entro la fine di maggio i rivoltosi proclamarono l’indipendenza delle due repubbliche di Donetsk e Lugansk procedendo alla costituzione di milizie armate. Ben presto risulta chiaro che una così rapida creazione di queste formazioni è stata possibile solo grazie al supporto tecnico e operativo di Putin che aveva ben chiare le sue idee espansionistiche.
La cronaca è oggi ed è una cronaca fatta di morte e distruzione, la storia è altra cosa e sarà scritta domani.