Le paure dell’essere umano adulto a relazionarsi.


Da un film degli inimitabili Franco e Ciccio, duo comico italiano degli anni Sessanta, ritroviamo il seguente famoso dialogo tra i due:
“- Ciccio: Franco guardami le spalle.
– Franco: Ciccio che c’è… qualcuno che ti vuole assassinare?”
Da tale umorismo farsesco, non si può che prendere spunto per meglio comprendere l’atteggiamento dell’essere umano ai giorni nostri, relativo le relazioni sociali e interpersonali che questi cerca di avere con assoluta difficoltà e forte disagio con i suoi stessi simili.
Il guardarsi le spalle, metaforicamente, significa stare in guardia di fronte ad eventuali attacchi di sorpresa, o premunirsi, cautelarsi, fare in modo di non farsi cogliere impreparati da eventuali pericoli o imprevisti.
Ebbene siamo diventati ai tempi dell’era digitale, dei social network, tutti preparati a difenderci e proteggerci come fossimo tartarughe Ninja all’attacco o, meglio ancora, soldati in guerra in difesa sulla linea del fronte con tanto di carri armati.
Siamo la generazione che è affetta da apatia relazionale, per telefonare a qualcuno oramai prima dobbiamo mandargli un messaggio per chiedergli se possiamo sentirlo, come fossimo reali, principi e principesse, dimenticando quindi quella meravigliosa gioia provata quando al di là della cornetta telefonica si riconosceva la voce di qualcuno a noi caro oppure ironicamente si elencava tutta la lista dei santi in paradiso al suono di una voce non desiderata.
Abbiamo con le nostre paure a tessere legami, in faccia, tutta l’espressione del soggetto che il pittore Edvard Munch nel suo quadro “l’Urlo” ha ritratto.

Eppure come affermava il grande filosofo Aristotele: l’uomo è un Animale sociale,
la società si forma grazie al progressivo ampliamento dell’istinto associativo.
Anche Thomas Hobbes filosofo di età moderna, ci ricorda come la nascita della società è necessaria perché si identifica con il superamento del cosiddetto stato di natura, dove non esistono né norme, né valori, né criteri certi di condotta. Nella condizione sociale, invece, la sottomissione cosciente di tutti alle norme giuridiche, garantisce a ciascuno la possibilità di condurre un’esistenza tranquilla e sicura.
Pertanto, Il valore della relazione umana è essenziale alla sopravvivenza dell’uomo stesso, e non si può venirne a meno, come nella società attuale abituata ormai a comunicazioni sterili virtuali, sta accadendo.
Non vogliamo più soffrire avventurandoci nella relazione con l’altro che sia un amico una persona che ci attrae, un conoscente, un collega di lavoro, se non abbiamo prima tutte le risposte che vorremmo circa la certezza di non sbagliare scelta.
Vogliamo la vita scevra dal dolore e due paure ci spaventano: la prima è della solitudine, cerchiamo disperatamente compagnie o eventi fugaci pur di non rimanere soli perché non siamo capaci nemmeno di stare in compagnia di noi stessi, Pascal asseriva che ” tutta l’infelicità degli uomini deriva da una sola causa, dal non sapere starsene da soli, in una camera».
Chattiamo e pubblichiamo come a sentirci in compagnia di un pubblico virtuale che ci dà l’impressione di non sentirci soli, ma, usciti dalle chat, lo siamo peggio di prima.
La seconda paura è della morte, questa smania di crederci immortali come se la morte non appartenesse alla vita, l’esilarante regista Woody Allen ironicamente dice: Non ho paura di morire. È solo che non vorrei essere lì quando questo succede.

Ci portiamo in protezione sempre, non vogliamo più passare dalle sofferenze d’amore così come sempre è stato da che mondo è mondo, perché nella vita tutto ha un inizio ma può avere anche una fine come è giusto ed inevitabile che sia delle volte. E per questo adesso non siamo più capaci di dare un nome e una forma alle relazioni, amicizia o amore che sia, perché le etichette non piacciono più e si preferisce restare nel vago.
Una poesia di Alda Merini recita così:
“Non si ama con il cuore, si ama con l’anima che si impregna di storia,
non si ama se non si soffre e non si ama se non si ha paura di perdere.
Ma quando ami vivi, forse male, forse bene, ma vivi.
Allora muori quando smetti di amare, scompari quando non sei più amato.
Se l’amore ti ferisce, cura le tue cicatrici e credici, sei vivo.
Perché vivi per chi ami e per chi ti ama.
Per relazionarsi con qualcuno prima abbiamo bisogno di frequentarlo per poterlo conoscere, dimenticandoci di due fattori importanti, e cioè che, uno, non si finisce di conoscere mai una persona nemmeno se accumuli anni ed anni, e secondo, che vige sempre il principio della chimica secondo il quale se scatta una certa affinità da subito tra due persone vuol dire che ci sia piacevolezza reciproca.
I pescatori, persone umili e pieni di dignità, potrebbero darci immense lezioni di vita in merito: “loro lo sanno che il mare è pericoloso e le tempeste terribili, ma non hanno mai considerato quei pericoli ragioni sufficienti per rimanere a terra.”, diceva il modesto pittore~ Vincent van Gogh ~.
Quindi bisognerebbe anche ascoltare forse un po’ meglio la canzone degli strepitosi The Beatles, “Here comes” nella quale la frase chiave è:
“Sempre così, buio, luce, e poi si comincia a canticchiare, al sole”

Basta con queste paure , non se ne può più, siamo adulti , è chiaro che non si può pretendere di ritornare a relazionarsi come negli agli anni ottanta perché di certo appariremo leggermente disagiati rispetto i cambiamenti culturali che nel frattempo sono avvenuti, è anche giusto adeguarsi ai tempi moderni ma ciò non deve togliere l’ avere dentro sé quell’ importantissimo equilibrio mentale e quella certa stabilità nei rapporti che spinge ad andare avanti con responsabilità e rispetto per se stessi, e non invece come soggetti disturbati.
Non ci possiamo proteggere da ogni cosa, dalle persone , dai virus, dagli attentati dagli orsi, dal caldo, dal freddo, la vita va vissuta nelle delusioni e gioie che bisogna correre il rischio di provare se no conviene vivere sotto una campana di vetro e nulla più.
Occorre sforzarsi di prendere il telefono e “chiamare”, non messaggiare sempre, un amico/a, una persona che ci piace, un parente, e invitarlo fuori alla luce del sole anche in una panchina o sulle scale della nostra bella Caltagirone ad ammirarne i tramonti e apprezzarne le ceramiche, e con costanza ed impegno a voler continuare ancora la relazione se ne vale la pena, e con una certa tollerabilità nelle differenze altrui , non si può pretendere di avere affinità al cento per cento perché se no diventeremo come pecore Dolly, clonati.
È solo in tal modo, che un domani, da anziani bisognosi di cure assistenziali, potremmo ancora sperare di non avere di fronte una chat aperta che ci dia indicazioni mediche da seguire ma semplicemente una persona umana che si relazioni con noi in assoluta tenerezza e comprensione” umana.”

D’altronde in questi giorni abbiamo un esempio fortissimo di come bisogna stare al mondo, alle Paralimpiadi non mi pare che i nostri campioni che hanno svariate disabilità, si proteggano ulteriormente dalle loro disgrazie, mi sembra che scendano in campo per giocare con dignità relazionandosi e con forza disumana di vivere, no?

Dott.ssa Nathalia Catena, formatrice e pedagogista.