Il direttore scientifico: «Fiduciosi sulle varianti Il richiamo sarà possibile»
Corriere della Sera
marzo 2021
di Laura Cuppini
«Il nostro vaccino è stato testato in Sudafrica e si è dimostrato efficace contro la variante. Con una sola dose offre elevata protezione dalla malattia severa e completa protezione da morte e ospedalizzazione. Ora sono in corso studi sulla doppia dose». Paul Stoffels è medico, vicepresidente del Comitato esecutivo e direttore scientifico di Johnson&Johnson.
L’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha approvato il vaccino Janssen un mese dopo la presentazione: come si è svolta la «rolling review»?
«Abbiamo collaborato con le Agenzie regolatorie e risposto giorno dopo giorno ad ogni richiesta di informazione, man mano che si rendevano disponibili nuovi dati. Questo ci ha permesso di accelerare un processo che normalmente dura 3-4 anni e concentrarlo in pochi mesi. L’80% del lavoro è stato fatto prima di sottoporre il dossier all’Ema e questo ha permesso di arrivare al via libera in un mese. Negli Usa la Food and Drug Administration, al contrario dell’Ema, dà un’autorizzazione di emergenza, che non è la piena approvazione».
Perché vi siete concentrati sulla piattaforma del vettore virale, quando l’mRna sembra essere considerato una rivoluzione nella medicina?
«La tecnica dell’mRna è una grande innovazione, ma noi abbiamo dieci anni di esperienza nei vaccini a vettore virale: con una singola dose si può ottenere molto, non solo a livello di anticorpi ma anche nella memoria immunologica di lunga durata. Lo abbiamo visto lavorando a vaccini contro Ebola, Zika, Hiv. Con più dosi abbiamo ottenuto una risposta immunitaria ancora più forte».
In Europa, l’approvazione del vaccino segue quella di AstraZeneca: che ruolo potrebbero giocare le preoccupazioni legate alla minore efficacia e a possibili effetti collaterali dopo la prima dose?
«La prima dose di un vaccino può dare dolore nella sede di inoculazione e febbre nelle successive 24 ore: si tratta di conseguenze normali e la febbre è semplicemente la prova che il sistema immunitario si è attivato. Nei nostri studi abbiamo avuto pochi casi di febbre e comunque trattabili con paracetamolo o altri antifebbrili. Il nostro vaccino è diverso da quello di AstraZeneca perché utilizziamo una piattaforma diversa e il nostro vettore è un adenovirus umano».
Cosa risponde a chi dice che i vaccini vettoriali virali non possono essere usati per i richiami poiché, dopo la prima dose, il corpo umano può sviluppare una risposta immunitaria contro l’adenovirus vettore?
«Non abbiamo evidenza di questo: il vaccino anti-Hiv che abbiamo sviluppato viene somministrato in quattro dosi e la risposta immunitaria contro Hiv aumenta ad ogni dose, nonostante venga utilizzato sempre lo stesso vaccino».
Che cosa farete se sarà necessario sviluppare nuove formulazioni contro varianti emergenti o se sarà utile vaccinarsi ogni anno, come già avviene per l’influenza?
«Stiamo già lavorando con un nuovo studio clinico su larga scala specifico per la variante sudafricana. Per il momento sappiamo da altri studi che la durata dell’immunità dopo una singola dose è di almeno un anno. Monitoriamo la situazione per capire se poi servirà un richiamo con lo stesso vaccino o con una versione aggiornata».
Il vaccino è efficace contro le tre varianti che oggi preoccupano di più: inglese, brasiliana e sudafricana?
«Abbiamo effettuato studi in Sudafrica che hanno mostrato un’efficacia elevata nel ridurre le ospedalizzazioni. Non abbiamo effettuato test sulla variante inglese, ma considerando che funziona sulla variante sudafricana che è tra le più complesse siamo fiduciosi che il nostro vaccino posmia
sa coprire tutte le varianti attualmente in circolazione».
Quello contro Covid è basato sulla stessa piattaforma tecnologica che avete usato per sviluppare altri vaccini. Come l’anti-Ebola, approvato da Ema nel 2020.
«Lavoriamo dal 2014 al vaccino contro Ebola, malattia per cui non esistono cure. Lo abbiamo testato in due dosi in Sierra Leone, durante l’epidedel 2015 e continuiamo a studiarlo. Lo hanno ricevuto bambini, adulti, anziani, donne incinte, persone con Hiv. Abbiamo avuto prova sia della sua sicurezza che dell’efficacia: i livelli di anticorpi rimangono elevati per diversi anni. Un’esperienza che ci è servita per Covid: sapevamo esattamente cosa fare. La differenza è che adesso la sfida è produrre oltre un miliardo di dosi».
La tecnica del vettore virale può portare allo sviluppo di un vaccino anti-Hiv?
«Abbiamo uno studio avviato in Sudafrica, su persone ad alto rischio. E altri studi in corso in diversi Paesi: ora hanno avuto un rallentamento a causa della pandemia, ma è nostro preciso impegno portarli a termine. Il vaccino anti-Hiv è formato da quattro somministrazioni, che agiscono contro le diverse varianti del virus».
Il vaccino sarà disponibile senza scopo di lucro durante l’emergenza pandemica e Johnson&Johnson ha firmato un accordo per milioni di dosi ai Paesi a basso reddito.
«Come compagnia globale abbiamo pensato di produrre un vaccino senza trarne profitto (meno di 10 dollari, ndr), per proteggere un numero più elevato possibile di persone, anche nei Paesi a basso reddito».