Le imposte sulle imprese e sui consumi


È auspicabile la ricerca di un’imposizione globale per le imprese multinazionali che, operando in rete, mettono in crisi i sistemi fiscali come il nostro, basati sul criterio della stabile organizzazione, e poco adatti a trattare con l’immateriale. In questo campo si devono costruire criteri di imponibilità fiscale nuovi e necessariamente connessi con la comunità mondiale; la web tax può essere un inizio ma non è sufficiente

di Renato Costanzo Gatti

L’Ires è una imposta fortemente oggetto di concorrenza fiscale a livello comunitario. Non avendo l’Europa potestà sulla legislazione fiscale, i paesi membri della comunità si fanno concorrenza utilizzando un regime fiscale più favorevole al fine di attrarre capitali ed investimenti nel proprio paese, fino ad arrivare a creare veri e propri paradisi fiscali. È noto che molte imprese italiane hanno portato la sede fiscale in Olanda o l’impresa detentrice di brevetti in Lussemburgo per godere delle incredibili agevolazioni scorrettamente offerte da quei paesi. Lavorare per uniformare accertamento e meccanica impositiva tra i paesi membri eliminerebbe l’antipatica situazione che sottrae al nostro paese miliardi di gettito, ed eviterebbe l’offesa all’onestà dei contribuenti fatta dalle imprese che sfruttano le agevolazioni offerte da quei paesi.

Sarebbe auspicabile, a livello europeo, che si portasse ad approvazione almeno la direttiva “Common consolidated corporate tax base” Ccctb, proposta dall’Italia oltre 20 anni fa, che propone un meccanismo di bilanci consolidati con determinazione del reddito a livello di gruppo con successiva ripartizione dell’imponibile tra i diversi Paesi ove le imprese del gruppo operano.

In questa sezione è auspicabile la ricerca di una imposizione globale per le imprese multinazionali che, operando in rete, mettono in crisi i sistemi fiscali come il nostro, basati sul criterio della stabile organizzazione, e poco adatti a trattare con l’immateriale. In questo campo si devono costruire criteri di imponibilità fiscale nuovi e necessariamente connessi con la comunità mondiale; la web tax può essere un inizio ma, a mio avviso, insufficiente.

Tengo a ricordare che il gettito annuo dell’Ires viene ogni anno redistribuito alle imprese stesse sotto forma di agevolazioni e incentivi diversi come rilevabile dal rapporto Giavazzi di qualche anno fa.

Occorre fare attenzione alla proposta di Nicola Rossi, dell’Istituto Bruno Leoni, teso ad azzerare l’imposta Ires per spostare l’onere sui soci al momento della distribuzione dei redditi. La proposta ha un suo fascino in quanto incentiverebbe enormemente il reinvestimento e l’autofinanziamento delle imprese, sarebbe comunque un finanziamento infruttifero a favore delle imprese e a danno dei contribuenti, che dovrebbe avere una compensazione inserendo nella gestione delle imprese una potenzialità gestionale della comunità.

Per quanto riguarda l’Iva, si tratta di un’imposta sui consumi ed è di carattere regressivo, ma ha il pregio di essere alla base di una attività di accertamento cui dedicare molta attenzione se si vuol combattere concretamente l’evasione. Una prima correzione riguarda le operazioni cosiddette di arbitraggio (acquistare con aliquota alta e rivendere con aliquota inferiore) che da calcoli ragionati causano una evasione di circa 10 miliardi di € l’anno. Sarebbe il caso di considerare una aliquota unica (che eviterebbe totalmente l’arbitraggio) o, per non penalizzare i consumi essenziali, due sole aliquote, riducendo in tal modo quella pratica.

È poi fondamentale cancellare tutte quelle norme che esentano gli operatori dal regime Iva, rendendo al contempo obbligatoria la trasmissione telematica di fatturati o incassi. Serve poi uno sforzo per costruire un sistema che abbatta la diffusa pratica di vendite di beni e servizi non fatturati, estendendo la funzione di sostituto d’imposta ai privati consumatori. Non è certo con sistemi costosissimi come il cash back che si combatte l’evasione. Ma ve lo immaginate se richiedessimo la fattura all’idraulico (cito una professione a caso) pagando il 22% in più per avere uno sconto del 10% con un massimale di operazione e un massimale di importo semestrale. Il tutto con un onere per il bilancio dello stato di 5 miliardi di €? Follie.