AGI – Gli incendi che stanno devastando la Calabria rischiano di compromettere anche le ‘Foreste Vetuste’, antiche faggete inserite, a fine luglio, all’interno della lista Unesco dei siti riconosciuti come patrimonio dell’umanità. Si tratta di un sito allargato, transnazionale, che unisce 18 luoghi d’Europa accomunati dalla presenza di questi antichi alberi, i faggi, capaci di grande resistenza alle intemperie.
Le ‘Foreste Vetuste’, in Italia, ricoprono un’area di circa 8 mila ettari comprendendo la zona del Gargano, del Pollino e dell’Aspromonte. Proprio quest’ultima è la zona messa in forte pericolo dall’avanzare delle fiamme che, come avvenuto in Sardegna con la distruzione di esemplari secolari e millenari, potrebbero cancellare alcune tra le più preziose testimonianze del passato sulla Terra.
Se si allarga lo sguardo al Vecchio continente le zone incluse dall’Unesco in questo grande insieme naturale sono 94 e comprendono Albania, Austria, Belgio, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Francia, Germania, Macedonia del Nord, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera e Ucraina.
Dall’Unesco un sì incondizionato
L’Italia, però, secondo quanto si legge sul sito del Ministero della transizione ecologica “è tra i pochi Paesi che hanno ottenuto, dall’organismo di valutazione prima e dal comitato Unesco oggi, un giudizio pienamente favorevole su tutte le estensioni proposte, senza raccomandazioni specifiche sulla relativa gestione o sullo stato di conservazione”.
Per l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura si tratta, a livello globale, “dell’unico sito di questo tipo che collega così tante componenti e attualmente rappresenta il sito seriale con la proprietà più vasta”.
Nello specifico si tratta di un insieme di ‘oasi’ naturali che rappresenta “uno straordinario esempio di foreste, non disturbate dall’antropizzazione, che si sono sviluppate dopo la fine dell’ultima era glaciale, partendo da poche aree isolate nelle Alpi, Carpazi e Pirenei, in un periodo di poche centinaia di anni con un processo che è ancora in corso”.
Luoghi che si sono conservati dall’azione dell’uomo, almeno fino a oggi, trasmettendo informazioni basilari e fondamentali per raccontare l’evoluzione del nostro Pianeta negli ultimi millenni.
L’adattabilià del faggio
La conservazione quasi perfetta di questi siti è dovuta alla natura intrinseca del faggio, “alla sua adattabilità e capacità di tolleranza delle diverse condizioni climatiche, geografiche e fisiche, che gli consente di affermarsi un po’ ovunque: dai terreni ricchi di calcare a quelli sabbiosi poveri di nutrienti, dalla montagna alla pianura, da condizioni più umide a quelle più aride”.
Source: agi