Salve, oggi volevo prendermi 10 minuti del vostro tempo per provare a spiegarvi in breve due delle domande classiche che vengono sempre fatte riguardo gli allunaggi delle missioni Apollo e che classicamente vengono ciclostilate nelle conversazioni sui social, ho provato a semplificare i concetti senza entrare troppo nella questione matematica in modo da non rendere la trattazione un’esposizione di squisito stampo accademico. Le domande sono:
-Il LEM era troppo sottile e fatto di carta stagnola come operava sulla Luna e come allunava con un computer meno performante di Commodore 64?
-Ma se sulla Luna ci sono -150°C all’ombra e 150°C come facevano le pellicole delle macchine fotografiche?
Cercherò di evadere entrambe le domande insieme perché sono strettamente collegate tra loro e riguardano sia i metodi di trasmissione del calore che i rivestimenti termici.
-Iniziamo con il dire che i LEM delle missioni Apollo costruiti delle Grumman erano tutt’altro che sottili come una lattina, anzi furono dimensionati proprio per resistere ad urti ed impatti e sulle pareti furono aggiunti elementi strutturali per resistere ulteriormente sia ai tagli, che agli sforzi normali che alle flessioni. Principalmente il LEM era fatto di alluminio 6061-T6 un tipo di alluminio per standard astronautico molto più resistente del classico alluminio, sia da leghe di titanio e acciaio per le rivettature, nella foto 1. potete notare il LEM senza la copertura esterna. Tale struttura non era comunque sufficiente a resistere agli impatti micrometeoritici e alle escursioni termiche ed è per questo che esternamente fu aggiunta quello che viene conosciuto classicamente come “Thermal Blanket and Micrometeoroid Shield”, si tratta effettivamente di un insieme di diversi fogli di materiali con diverse caratteristiche come fogli di nichel, mylar allumato, kevlar e altri materiali come l’h-film che intrecciati tra loro e alternati da resine per unirli divenivano una sorta di coperta per micrometoriti con proprietà meccaniche utilissime e con il rivestimento esterno per protezione termica e da radiazioni, mentre la parte più esterna del LEM era ricoperta di h-film Kapton che è una pellicola poliimmide sviluppata in quegli anni dalla DuPunt sotto richiesta della Grumman in grado di rimanere stabile in un’ampia gamma di temperature, dai -269 °C ai 400 °C per essere precisi come riportato nel data sheet. Per vedere questo riferimento [1]. Nella figura .2 notiamo come era strutturato lo scudo termico e per i micrometeoriti, come veniva posizionato ed in che modo funzionava in caso di impatto riuscendo a dividere l’oggetto e distribuire l’impatto su una superficie più ampia. Dal riferimento [2] possiamo vedere a pagina 30 del pdf un breve passaggio in cui viene spiegato come le coperture furono dimensionate e testate a riprova che le missioni Apollo furono tutt’altro che missioni allo sbaraglio e non testate ma che dietro vi fu uno studio approfondito e i test di certo non mancarono. La struttura complessiva dei LEM delle Apollo è da considerarsi come una delle migliori configurazioni mai create in ambito astronautico e probabilmente uno dei prodotti più tecnicamente riusciti di sempre, superando per soluzioni trovate e gestione tutti i manufatti umani fino a quell’epoca costruiti. La struttura del LEM e la sua configurazione sono ancora tutt’oggi considerati come vere pietre miliari tanto che tutti i lander operanti sulla Luna come Chang’e 4 e Chang’e 5 dell’Agenzia spaziale Cinese, Chandraayan 2 e 3 dell’Agenzia spaziale Indiana e le configurazioni Luna della Roscosmos hanno tutte uguale configurazione a quella dei LEM. Per quanto riguarda il computer di bordo, credere che l’informatica mandi sulla Luna è probabilmente uno dei pensieri più sbagliati che si possa fare, l’informatica aiuta a fare calcoli e può essere un buon compromesso specialmente nelle manovre orbitali ma considerare la potenza di calcolo come indispensabile è del tutto fuorviante, anche oggi gli aeromobili volano con tutta una serie di software altamente performanti, questo non vuol dire che negli anni 70 gli aerei non esistessero. Dal riferimento possiamo notare come era fatto l’handbook che spiega anche come erano fatte le fuel cells per l’energia elettrica e come era composto il pacchetto di strumentazione scientifica portato solo nelle ultime missioni Apollo chiamato ALSEP (nella missione Apollo 11 ci stava un prototipo di quel pacchetto chiamato EASEP) alimentato invece da un generatore termoelettrico a radioisotopi (RTG) chiamato SNAP-27 con termocoppia in piombo-tellurio. A prescindere comunque, nonostante il computer di bordo fosse sufficiente a molte manovre successe qualche episodio di overflow come durante l’allunaggio dell’Apollo 11 pilotato poi manualmente al suolo, il problema è che l’Apollo Guidance Computer non doveva risolvere nessuno dei problemi di ingegneria aerospaziale, i calcoli venivano fatti a mano a Terra ad esempio tra gli scienziati più famosi ricordiamo Katherine Johnson da cui poi è stato tratto il film “Il diritto di contare” e controllati poi con i computer come l’IBM 7090 in uso alla NASA, questi calcoli non sono semplicissimi da fare a mano, ma non era la prima volta che venivano creati e risolti. Tali calcoli come problema degli n-corpi semplificato, problema di Lambert e Keplero furono già risolti ampiamente tra il 1600 e il 1800 senza l’ausilio di nessun calcolatore moderno e si conoscevano già da anni, persino l’equazione del razzo che fu risolta da Ciolkovskij alla fine del 1800, riferimento [4] per visionare il mission report.
-La seconda domanda è strettamente collegata alla prima e riguarda il funzionamento della Hasselblad in ambiente lunare, da molti dati e riferimenti è possibile leggere un po’ ovunque che la temperatura massima sulla Luna è di circa 150°C alla luce del Sole mentre la temperatura minima all’ombra è di circa -150°C e sappiamo tutti che se mettiamo una macchina fotografica con pellicola dentro un forno a 150°C o in un freezer a -80/100°C dopo diventa totalmente inutilizzabile; ma perché accade questo? Perché il calore si trasmette alla pellicola della macchina grazie alla convezione, cioè allo scambio di energia nel modo calore tramite le molecole d’aria. Il problema è che sulla Luna l’aria non ci sta e quindi lo scambio termico per convezione è assente, abbiamo solo conduzione e irraggiamento. Allora a cosa si riferisce la temperatura -150°C e 150°C che si legge praticamente ovunque quando si parla di temperatura lunare? Ovviamente alla temperatura al suolo, ovvero quella della regolite, ma le Hasselblad non toccavano il suolo; al massimo il problema erano le tute (Skylab A7L) che comunque potevano resistere a temperature molto più ampie ed inoltre ogni missione Apollo allunò sul terminatore (la linea di demarcazione tra giorno e notte lunare) dove le temperature sono più graduali con una escursione termica che non supera i 100°C. A prescindere da questo le Hasselblad al contrario di quanto sostengono molti furono dimensionate per lo spazio e non erano per nulla macchine fotografiche normali, fu aumentata la dimensione della pellicola, fu sostituita l’emulsione con un film di rivestimento e furono coperte da uno strato di mylar argenteo per ovviare al problema dell’irraggiamento; gli accorgimenti comunque erano finalizzati principalmente al questione vuoto, in quanto a causa del vuoto e quindi a pressione nulla l’emulsione sarebbe evaporata. Per questo controllare l’ultimo riferimento [5].
Bonus:
La foto è dell’Apollo 16 ed è il momento in cui fu estratto il Rover Lunare dal LEM e il vano dove era stipato durante il viaggio, mentre 4. è la foto del rover lunare ripiegato mentre veniva inserito dai tecnici dentro il LEM.
Riferimenti:
[1] https://history.nasa.gov/alsj/LM04_Lunar_Module_ppLV1-17.pdf
[2] https://history.nasa.gov/alsj/a14/a14-43939523-LM10-LM14-Fam-Manual.pdf
[3] https://history.nasa.gov/alsj/LM10HandbookVol1.pdf
[4] https://history.nasa.gov/alsj/a11/A11_MissionReport.pdf
[5] https://history.nasa.gov/alsj/a11/a11-hass.html
Di Virginio Avellino – fonte: web – profilo FB – Passione Astronomica Gruppo