Le caramelle dure che ti dicono se hai contratto il virus del Covid


Uno studio della Ohio State University sta testando un metodo insolito per sottoporre a screening le persone esposte al Sars-CoV-2, che prevede l’utilizzo di caramelle dure. Sebbene sintomi come tosse, febbre e mancanza di respiro siano comuni, almeno l’86 per cento dei pazienti positivi riferiscono una perdita dell’olfatto.

Per l’esperimento vengono usate otto caramelle dure dello stesso colore e in gusti diversi. Ai partecipanti verrà chiesto di identificare l’odore e il gusto delle caramelle ogni giorno per 90 giorni. Se uno dei loro sensi sembra non funzionare, un’app li avviserà di entrare in quarantena e il soggetto verrà immediatamente testato per Covid-19.

“A chi non piacciono le caramelle?”, chiede retoricamente il co-leader del progetto Christopher Simons, professore associato di scienza e tecnologia alimentare presso l’Ohio State. “È lo stimolo ideale”, aggiunge.

La prima fase del progetto convaliderà il metodo delle caramelle dure rispetto a quelli tradizionali come l’assaggio di farmaci amari. Se i risultati saranno positivi, il team passerà alla seconda fase, cioè il monitoraggio a lungo termine, seguendo 2.800 persone per 90 giorni. A tutti i partecipanti verrà chiesto di annusare e mangiare un pezzo di caramella dura ogni giorno per tutto il periodo dello studio.

Simons osserva che le caramelle dure attivano due percorsi olfattivi: uno attraverso il naso, noto come ortonasale, e l’altro attraverso la parte posteriore della gola, chiamato retronasale. Successivamente, si userà un’app per segnalare l’odore e il sapore percepito. Se l’app indica un calo “improvviso” in entrambi i sensi, il partecipante riceverà un messaggio in cui si consiglia di sottoporsi al test per Covid-19 e di andare immediatamente in quarantena.

“Con il nostro metodo scarti le caramelle e le annusi per valutare l’olfatto ortonasale e le metti in bocca per capire quanto è forte il sapore, valutando la componente retronasale”, spiega Simons. “Si valutano anche la dolcezza e l’acidità, che rappresentano la componente del gusto”, prosegue.

Simons dice di aver sperimentato la perdita del gusto e dell’olfatto dopo che lui e la sua famiglia sono risultati positivi al Covid-19 a seguito di un viaggio in Spagna a marzo. Il ricercatore ricorda di aver percepito che il cibo spagnolo non aveva un gran sapore. Non ha mai sviluppato altri sintomi. Il team ha ricevuto 305 mila dollari di finanziamento dal National Institutes of Health. “Abbiamo rilevato fattori che potenzialmente indicano che il nostro metodo sarà uno strumento efficace per il monitoraggio a lungo termine”, conclude Simons.

Fonte: cronaca agi