L’avvocatura oggi: una professione in crisi?



Attualità e prospettive future nel Rapporto sull’Avvocatura 2022 curato dalla Cassa Forense in collaborazione con il Censis. Il contesto generale alla luce del forte impatto prodotto dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina impone una condizione di grande incertezza. Le possibili vie d’uscita nella specializzazione e negli strumenti alternativi per la soluzione delle controversie. Focus sulla situazione dell’avvocatura femminile

di redazione

Un interessante spaccato sullo stato della professione forense al giorno d’oggi viene offerto dall’annuale rapporto della Cassa Forense per il 2022 presentato nei giorni scorsi.

Il rapporto è stato redatto in collaborazione col Censis; l’istituto di ricerca socio-economica italiano ha effettuato un sondaggio presso tutti gli avvocati italiani diffondendo un questionario cui hanno risposto 30.231 professionisti.

Analizzando i dati così raccolti il rapporto delinea un quadro completo della professione con riferimento al fatturato, al reddito, alle materie trattate, alla suddivisione della clientela, alle differenze fra i vari territori, alle aspettative personali degli avvocati. Il Censis e la Cassa Forense, presieduta da Valter Militi, sottolineano nel “Rapporto sull’Avvocatura 2022” gli inediti fattori di fattori inediti di incertezza da cui oggi è caratterizzata la professione, la sua dimensione economica sotto il profilo dei redditi, le attese nei confronti delle pensioni, il ruolo di Cassa Forense nel supporto alla professione, soprattutto alla luce del forte impatto prodotto dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina in questi mesi. Sono analizzati poi gli elementi innovativi per la professione come le attuali tendenze della domanda di servizi legali.

Il rapporto dedica inoltre uno specifico “focus” alla situazione dell’avvocatura femminile, rilevando come esista ancora “questione femminile” all’interno della
professione e indicando “possibili percorsi di superamento delle differenze fra i destini professionali delle donne avvocato e quelli dei colleghi uomini”.

Ne deriva una fotografia dei problemi e delle difficoltà cui sta andando incontro l’avvocatura in Italia in questo tempo complesso, segnato dalla pandemia, dal calo demografico, da redditi professionali in ribasso, che ha ridisegnato lo
scenario, presente e futuro, degli avvocati. E così il rapporto 2022 si propone di essere “un utile strumento per gli organi istituzionali e di governo, spesso chiamati a legiferare o adottare importanti decisioni su aspetti della professione o della previdenza forense in assenza di dati affidabili e aggiornati” ma anche, diciamo noi, un elemento di riflessione per i giovani neo-laureati in Giurisprudenza che vogliano approcciare la professione forense.

Il difficile contesto generale economico e sociale che sta attraversando il Paese finisce necessariamente per riflettersi sulla professione legale. “Il contesto generale sta imponendo da oltre due anni una condizione di grande
incertezza, alla quale si sta rispondendo, nello stesso tempo, con soluzioni di
ripiegamento e di difesa di quanto finora acquisito, ma anche con la ricerca di nuove prospettive rispetto allo stato di evidente disagio che sta attraversando
l’Avvocatura”.
“Le aspettative di ripresa per l’Avvocatura – si legge ancora nel rapporto – sono ora frenate dalla grande incertezza di questi anni, prima con l’emergenza determinata dalla pandemia, oggi con l’impatto economico della guerra russo-ucraina, fattori che incidono sul percorso professionale, lungo il quale sono emersi alcuni elementi che oggi caratterizzano la fisionomia stessa dell’Avvocatura.

Uno di questi intreccia la dinamica dell’età dei professionisti con quella di genere. Dai dati di Cassa Forense, si ricava che oggi fra gli iscritti attivi, il 22,9% ha un’età inferiore ai 40 anni, ma le donne con questa età sono il 27% e gli uomini il 18,9%. Se si considerano gli avvocati con almeno 55 anni, la percentuale sul totale degli iscritti attivi è la stessa, 22,9%, ma in questo caso la componente femminile è del 16,1%, contro il 29,6% degli uomini.
Sulla base del reddito annuo 2020, riferito al totale degli iscritti attivi a Cassa
Forense, gli avvocati con un’età compresa fra i 35 e i 39 anni raggiungono un livello medio pari a circa 23mila euro, ma l’importo relativo agli uomini si attesta intorno ai 30mila euro, quello delle donne supera di poco i 17mila euro.
Sempre dalla prospettiva dell’età dei professionisti, occorre poi considerare il
potenziale di ingresso di giovani e, soprattutto, verificare il livello attuale di
attrattività degli studi giuridici da parte dei giovani. Su questo aspetto bisogna
registrare che nel 2020 su 100 laureati, solo il 5,6% ha acquisito il titolo in studi
giuridici, mentre negli ultimi dieci anni il numero di laureati nelle discipline
giuridiche si è ridotto del 4,1%.
Il progressivo ingresso nella professione delle donne – uno dei principali processi che hanno caratterizzato l’evoluzione dell’Avvocatura negli ultimi due decenni – ha permesso di contenere la deriva di invecchiamento dell’Avvocatura, ma se si guarda la situazione da un punto di vista economico e, in particolare, dalla prospettiva della sostenibilità futura della previdenza, oggi di certo assicurata, il contributo delle donne avvocato potrebbe non essere altrettanto efficace, proprio a causa dei bassi redditi medi da esse percepiti.
La survey svolta dal Censis sugli avvocati riporta alcuni elementi che concorrono a una migliore comprensione della “questione femminile” all’interno della professione. In particolare, si è riscontrato un livello non elevato di consapevolezza del gender gap: il 56,6% degli avvocati afferma che la differenza di reddito fra uomini e donne sia un dato di fatto, ma questa percentuale si ferma al 31,3% nel caso degli avvocati uomini, mentre sale all’81,9% nel caso di donne avvocato.
Fra le cause del divario di reddito: gli impegni familiari e la difficoltà di conciliare famiglia e professione (54,2% in totale, 49,6% donne e 66,3% uomini); la presenza di discriminazioni dal lato della clientela (51,0% donne, 41,1% uomini); la valorizzazione non adeguata del lavoro svolto dalle donne (50,3% le donne, ma 28,7% gli uomini).
Ancora dalla survey si ricava una maggiore esposizione delle donne avvocato agli effetti della crisi di questi mesi: il 65,7% delle donne definisce questa fase molto o abbastanza critica, contro il 56,9% degli uomini, il 22,5% delle donne afferma che la condizione professionale migliorerà nel 2022 e nel 2023, contro il 24,1% degli uomini; il 37,3% delle donne avvocato sta pensando di lasciare la professione, contro il 28,3% degli uomini”.

Il rapporto descrive il diffondersi della sfiducia nella prospettive della professione, causata dall’alto grado di incertezza attuale e ricerca le possibili soluzioni per contrastare gli effetti negativi della dinamica del reddito (riduzione media del 6% dei redditi 2020 rispetto al 2019 e
riduzione media del 6,5% del volume di affari 2020 rispetto al 2019) “fattori questi che, unitamente al calo della clientela, stanno condizionando la motivazione e la capacità di iniziativa degli avvocati”.

Il rapporto approfondisce alcuni temi come le specializzazioni e le modalità alternative di risoluzione delle controversie, con una “prima indagine
qualitativa sulla domanda di servizi legali da parte di imprese, enti e organizzazioni di rappresentanza, categorie che costituiscono, dopo le persone fisiche private, la tipologia di clientela più importante”.
Riguardo alle specializzazioni “gli avvocati ritengono di poter offrire una
pluralità di servizi, soprattutto se si agisce in realtà organizzative multidisciplinari e specialistiche senza dover rinunciare al rapporto di fiducia con il cliente (42,1% sul totale degli avvocati). Più ridotta la quota di chi afferma che la specializzazione è in alternativa al rapporto di fiducia e che quest’ultimo sia destinato a perdere di rilevanza (22,7%)”.
“Impresa, nuove tecnologie e ambiente costituiscono gli ambiti con cui misurarsi per provare a presidiare nuovi campi o per consolidare la propria presenza e le proprie competenze. Accanto a questi, sono state individuate linee di specializzazione relative alla protezione della persona in ambito familiare, in ambito lavorativo, al trattamento dei dati”.
“Gli orientamenti del “mercato” – si legge nel rapporto – confermano l’importanza dei temi giuslavoristici e fiscali, le normative sugli appalti, la contrattualistica tra clienti e fornitori, che continueranno a rimanere centrali per le attività d’impresa e saranno oggetto di una domanda di servizi specialistici anche di tipo legale. Le imprese segnalano un livello alto della domanda e della complessità per questioni relative a sicurezza e impatto ambientale. A questi ambiti si aggiungono spazi di domanda crescenti per un’offerta di servizi professionali qualificati nell’ambito dell’internazionalizzazione, attualmente presidiata in maniera non soddisfacente”.
“Fra le imprese, gli enti e le organizzazioni di rappresentanza prevale la consapevolezza che una crescente complessità accompagnerà inevitabilmente l’attività imprenditoriale. Per affrontare questa nuova realtà occorreranno studi associati e network con competenze trasversali che sappiano garantire una trattazione specialistica di tipo verticale per singola issue (problematica) o di rilevanza settoriale”.
In merito alle modalità alternative nella risoluzione delle
controversie, “il 45,3% del campione ha utilizzato gli strumenti dell’Alternative
Dispute Resolution (ADR), e lo ha fatto privilegiando, in primo luogo, la mediazione (92,5% dei casi), seguita dalla negoziazione assistita in ambito non familiare (51,0%) e dalla negoziazione assistita alle famiglie (29,2%)”.
La valutazione che gli avvocati fanno delle alternative al giudizio “mette in evidenza l’aspetto dei costi crescenti rispetto a un procedimento comune (35,4%), ma anche l’efficacia di questi strumenti nel contenimento dei tempi dei processi (il 25,2%), le opportunità di sviluppo della professione (19,3%) e il gradimento dei clienti (4,4%)”. Dall’indagine sulla domanda di servizi legali “è emerso un particolare interesse da parte di imprese, enti e organizzazioni di rappresentanza per un utilizzo sempre più esteso di queste modalità di risoluzione del contenzioso.
Dal rapporto emerge “la presenza di spinte divergenti che tendono ad
aumentare la distanza fra le varie componenti della professione lungo la
dimensione del ritorno economico delle attività, del presidio del mercato, della
valorizzazione delle competenze acquisite. Contro queste spinte stanno svolgendo un ruolo essenziale le iniziative di Cassa Forense, che mettono a disposizione degli iscritti risorse e servizi con l’obiettivo di salvaguardare la coesione interna, di scongiurare il rischio di disaffezione fino
all’abbandono della professione, di agevolare scelte e decisioni in grado di
migliorare la condizione professionale degli avvocati negli anni a venire, per
contribuire alla promozione della cultura professionale ed allo sviluppo e alla
valorizzazione del ruolo dell’Avvocato”.

(Nella foto: protesta di avvocati davanti al Palazzo di Giustizia di Napoli – foto ANSA)