L’Assedio di Gaeta: storia e protagonisti della battaglia del 1861


 

Il 13 febbraio del 1861 a Gaeta il re Francesco II si arrende all’esercito piemontese che assedia da alcune settimane la fortezza nella quale ha tentato un’ultima disperata resistenza. La capitolazione del forte segna a tutti gli effetti la fine del Regno delle Due Sicilie e porterà di lì a poco, il 17 marzo, alla proclamazione ufficiale del Regno d’Italia.

di Mirko Muccilli fonte@ fattiperlastoria.it/

 

L’assedio di Gaeta: i protagonisti

L’assedio di Gaeta rappresenta l’ultimo scontro militare tra l’esercito piemontese e quello borbonico. L’accerchiamento vero e proprio della fortezza che rappresenta l’ultimo baluardo della resistenza borbonica, inizia l’11 novembre 1860, quando le forze piemontesi stringono in una morsa il re Francesco II e i suoi uomini all’interno del forte.

L’esercito assediante è comandato dal generale Enrico Cialdini, un uomo di cinquant’anni con alle spalle un passato di cospirazione e guerre durante i moti del 1830 e del 1848 che lo hanno reso duro e senza scrupoli. Entrato nell’esercito piemontese dopo il 1848 Cialdini fa velocemente carriera tanto che Camillo Benso conte di Cavour e il sovrano Vittorio Emanuele II di Savoia affidano a lui il compito di prendere Gaeta.

Dall’altra parte c’è, invece, la figura tragica del giovane sovrano Francesco II, ricordato dai posteri con il soprannome Franceschiello, che cerca con questa resistenza eroica quanto inutile, di concludere con onore la propria carriera da re del Regno delle Due Sicilie. Nonostante la difesa organizzata dell’esercito borbonico il fitto bombardamento effettuato dai piemontesi con moderni cannoni a canna rigata rende chiaro agli assediati che senza aiuti esterni per loro le speranze di successo sono praticamente azzerate. Nel mese di gennaio, infatti, la situazione a Gaeta è oramai drammatica:

“Lo stato di Gaeta era spaventevole, altro non si vedevano che ruine, muli e cavalli morti e feriti, uomini moribondi e cadaveri orrendamente sfracellati. Gli animali stessi facevano pietà: si incontravano muli e cavalli ridotti a scheletri, prossimi a morir di fame.”

La capitolazione di Gaeta

Dopo aver resistito a lungo e con coraggio Francesco II il 10 febbraio capisce che non vi è più altra soluzione se non la resa. Incarica così i suoi sottoposti di prendere contatti con i piemontesi in vista della capitolazione, che viene firmata alle 18.30 del 13 febbraio. Una volta che l’esercito sabaudo cessa il fuoco Francesco II di Borbone si congeda un ultima volta dai suoi soldati :

“Vi ringrazio tutti: a tutti stringo la mano con effusione di affetto e di riconoscenza. Non vi dico addio ma arrivederci. Conservatemi intanto la vostra lealtà, come vi conserverà eternamente la sua gratitudine e la sua affezione il vostro re Francesco.”

Cialdini, invece, rende omaggio al nemico riconoscendone il valore nel suo ultimo discorso ai combattenti:

“Noi combattemmo contro italiani, e fu questo necessario ma doloroso ufficio; perciò non potrei invitarvi a dimostrazioni di gioia. Stimo più degno di noi e di me radunarvi quest’oggi sotto le mura di Gaeta, dove verrà celebrata una messa funebre. Là pregheremo pace ai prodi che durante questo memorabile assedio perirono combattendo tanto nelle nostre trincee, quanto sui baluardi nemici.”

L’assedio di Gaeta dura in tutto novantatré giorni; contro il forte le batterie piemontesi esplodono 56.727 colpi, ricevendone in risposta 35.244. I morti sono stando alle stime ufficiali 826 tra i borbonici e 46 per i piemontese. Riscattato l’orgoglio con questo fiammeggiante episodio di resistenza, il Regno delle Due Sicilie cessa di esistere, anche se la sua bandiera continua a sventolare ancora per qualche giorno sulle fortezze delle città di Messina e Civitella del Tronto.