AGI – Uno scrittore di immagini, un progettista di trame filosofiche, un pittore che si fa leggere, un creatore di aforismi visivi. Sono alcune delle definizioni usate per descrivere Saul Steinberg (1944-1911). Non si sa bene dove collocarlo tanto è vasta, intensa e multiforme la sua arte.
Alla Triennale di Milano, dal 15 ottobre al 13 marzo, c’è la mostra “monumentale” realizzata con Electa, dedicata al suo genio ‘Saul Steinberg Milano-New York’ a cura di Italo Lupi e Marco Belpoliti con Francesca Pellicciari.
Un omaggio che Milano doveva al grande artista, che ha dedicato molte delle sue opere alla città in cui ha studiato.
Sono 350 le opere in mostra, provenienti da fondazioni e musei di tutto il mondo. Di queste 89 rimarranno a Milano presso la Biblioteca Braidense, ricevute come donazione dalla Fondazione Steinberg di NY. Disegni a matita, a inchiostro, a pastello, maschere disegnate su carta da indossare per “nasconersi” e indossare “un rassicurante sorriso”. Ma anche le riviste satiriche negli anni Trenta come il Bertoldo, poi la sua testimonianza diretta dal fronte del conflitto mondiale. C’è anche tanta Italia soprattutto la sua amata Milano, e tantissima New York nelle sue opere, a partire dalle famose copertine del “The New Yorker”.
E’ quello il suo “mondo politico” aveva spiegato in una intervista: “attraverso ciò che faccio al New Yorker formulo un messaggio politico sovversivo“.
Una vita ad ostacoli la sua: ebreo nato in Romania, a causa dell’antisemitismo si trasferì a Milano, dove studiò al Regio Politecnico. Poi espusldo dal paese per motivi razziali, riuscì a raggiungeregli Stati Uniti, dove si arruolò nell’estercito, per raccontare la guerra, in Cina, India, Nord Africa.
Nelle sale della Triennale c’è molto spazio dedicato a Milano. Il nucleo centrale è prorpio un’opera specificatamente realizzata da Steinberg per il capoluogo lombardo: quattro disegni preparatori, ciascuno composto da una striscia di carta lunga fino a 10 metri, che, vennero incisi con la tecnica a “sgraffito” sui muri del Labirinto dei ragazzi, progettato per la 10ima Triennale di Milano del 1954. In questi quattro leporelli, parte della donazione alla Biblioteca Braidense, si vede come per lui, la ‘linea’ possa diventare un esperimento narrativo continuo. Non a caso diceva “La linea è la mia vera lingua“.
La mostra è accompagnata da un libro-catalogo, edito da Electa, dal titolo Steinberg A-Z, organizzato come una “enciclopedia” contemporanea: un volume a cura di Marco Belpoliti che analizza l’opera di Saul Steinberg nei suoi molteplici aspetti,
dall’architettura al disegno, dal rapporto con Milano a quello con New York, alle mappe, all’epistolario con Aldo Buzzi, agli artisti che gli furono amici e compagni come Costantino Nivola e Alexander Calder, ma anche Alberto Giacometti e Le Corbusier.
Source: agi