L'app che scova gli asintomatici 


Una macchina del tempo, capace di andare a ritroso per più di un mese, per individuare, in termini probabilistici, gli ‘asintomatici’, ovvero le persone positive al coronavirus ma non consapevoli di esserlo perché non ne mostrano i segni.

Con questa idea Humco, startup veneziana che ha come obiettivo applicare concretamente gli strumenti tecnici di AI all’interno dei contesti aziendali per migliorarne i processi, vuole sfruttare l’intelligenza artificiale per contenere la diffusione dell’epidemia di Covid-19. 

E per questo ha già realizzato un progetto, attualmente in corsa sia al bando nazionale lanciato dal Ministero della Salute che a quello lanciato dalla Regione Veneto per trovare strumenti adatti a frenare il contagio da Sars-Cov-2, individuando i punti dove sono necessari tempestivi interventi mirati di isolamento e screening, permettendo di isolarlo e rompere, così, la catena del contagio.

“Siamo in una situazione di crisi, non c’è molto tempo per pensare. L’esperienza di un team multidisciplinare di altissima caratura ed esperienza, suffragato da paper scientifici sulle progettualità proposte, servono per validare i modelli a priori. Oggi più che mai il Mondo deve sfruttare la scienza e la tecnologia ai massimi livelli”, racconta Mirko Modenese, head data scientist di Humco. 

La società ha chiamato a raccolta il suo network di ricerca internazionale per mettere a punto il progetto che, tramite un’identificazione precoce e capillare delle persone che hanno la maggior probabilità di essere contagiate, permetterebbe di catalizzare meglio le altre azioni in corso. 

Il team è composto da docenti e ricercatori delle Università di Padova, Venezia, Bologna, Pavia, della Lincoln University in Gran Bretagna, di Yale negli USA, dell’Université Catholique di Bruxelles e da dirigenti dell’Azienda Sanitaria di Modena.

Proprio dalla città emiliana e dall’analisi del modello sanitario operativo del suo polo ospedaliero, nasce infatti il ‘campione di validazione’ su cui poi è stata innestata l’ottimizzazione dei modelli matematici con stima dei parametri con strumenti di machine learning, all’interazione dei big data in un sistema di tracciamento e contingentamento della diffusione.

Il punto nodale e la principale sfida di Humco è definire la miglior stima dei parametri noti con il termine Seir (Susceptible Exposed Infectious Recovered, contagiabili, contagiati asintomatici, contagiati e immuni/guariti, ndr) con l’ausilio di algoritmi di machine learning, in presenza di una numerosità di dati significativa e granulare (distretti sanitari), al fine di definire al meglio i modelli previsionali. 

Dal punto di vista tecnologico, il sistema usato per tracciare i movimenti della popolazione si basa sulla triangolazione delle celle telefoniche, a cui si aggiunge il tracciamento ancora più preciso in termini geo-spaziali mediante Gps e triangolazione degli hotspot wi-fi pubblici e privati.

Diversamente da quanto fatto in Cina e Corea, però, lo scopo non è tanto un monitoraggio in tempo reale per controllare i cittadini, quanto la definizione di micro-cluster sanitari – come possono essere piccoli quartieri – e identificare le probabilità di contagio con una profondità temporale di 30/40 giorni a ritroso: in questo modo si è in grado di individuare il candidato infetto (allo stato di incubazione) o l’asintomatico e provvedere all’isolamento fiduciario.

Il dato finale viene dedotto elaborando una grossa mole di informazioni che incrocia dati sanitari (dal matching tra tamponi positivi e relativi contatti, allo sviluppo dell’epidemia secondo modelli epidemiologici per singolo distretto), geo-spaziali (gli spostamenti) e socio-demografici.

In questo modo si definiscono le zone puntuali sulle quali è più utile un intervento di diagnosi, come i tamponi, di rafforzamento delle strutture e del personale sanitario per i presidi competenti, o di monitoraggio da parte delle forze dell’ordine. 

Il sistema, secondo l’azienda, è declinabile anche all’interno delle imprese, che in questo modo possono creare un modello di autocertificazione, tutelando la salute dei propri lavoratori e isolando i possibili asintomatici. Predisponendo un’analisi preventiva, si creerebbero dei “presidi nei presidi” che andrebbero ad aumentare le informazioni utili al Sistema Sanitario e alle istituzioni nazionali e regionali e facilitando al tempo stesso la ripartenza della produzione e dell’economia.

“Il presidio nel presidio è un approccio necessario. Le aziende hanno già predisposto le procedure e i relativi DPI al fine di scongiurare un’eventuale focolaio interno: questo non basta. Ogni persona, una volta fuori del perimetro fisico afferente al sistema azienda, è un candidato contagiabile e, una volta rientrato, un potenziale contagiante“, dice ancora Milanese.

“Per far fronte a questo rischio, l’azienda può dotarsi di un sistema di tracciamento in background dei dipendenti al di fuori del luogo di lavoro – debitamente informati in ottemperanza al GDPR – al fine di associare per ognuno di essi una probabilità di contagio. Tali dati saranno quotidianamente inviati ai presidi sanitari di zona. Il dato, da un lato alimenterà le informazioni di monitoraggio dell’epidemia alle autorità competenti (uniche detentrici del dato) e relative eventuali azioni (quarantena domiciliare, richiesta di tampone), dall’altro garantirà la salute dei dipendenti per le aziende. Quest’ultime a loro volta potranno proseguire nell’attività produttiva con una certezza pragmatica rispetto alle attuali azioni di contenimento”. 

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Fonte: cronaca agi