"L'alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi fa bene all'auto", dice Quagliano


Il nuovo modello di sviluppo dell’alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi è una strategia che paga e dà slancio al settore dell’auto, soprattutto sul lungo termine, ma nel breve periodo per rimettere in moto il mercato dopo l’emergenza Covid servono più investimenti. A partire da nuovi incentivi statali alla rottamazione.

Gian Primo Quagliano, ​presidente del Centro Studi Promotor, spiega all’AGI come le sinergie tra gruppi siano sempre delle “buone notizie” per il settore e la filiera dell’auto, ma che oggi per tornare alla normalità c’è soprattutto bisogno di una terapia d’urto, ovvero “l’apertura a incentivi alla rottamazione anche con l’acquisto di vetture nuove ad alimentazione tradizionale”.

Spiega l’esperto: “L’accordo Renault-Nissan-Mitsubishi era nell’aria da un po’ e la politica di sfruttare in sinergia i propri punti di forza pagherà da subito sul mercato e poi, più avanti nel tempo, avrà ripercussioni positive anche sul piano produttivo nelle aree in cui i gruppi operano, e quindi Francia e Giappone, ma anche nei loro mercati di riferimento. E cioè in tutto il mondo”.ù

Per Quagliano, le alleanze in genere sono tutte positive perché consentono delle sinergie e delle razionalizzazioni che sono importanti. “Da molto tempo si dice che lo spazio per i soggetti autonomi si va riducendo a favore delle integrazioni – osserva – e la prospettiva è quella”. Integrazioni che vanno a vantaggio di tutto il mercato a lungo termine e possono ad esempio favorire la transizione verso l’elettrico, “che è una transizione necessariamente lenta e una scelta irreversibile fatta dall’industria e dalla politica, soprattutto in Europa”.

Quindi è una scelta dalla quale non si torna indietro. Ma, sottolinea, “bisogna rendersi conto che passerà molto tempo prima di raggiungere l’obiettivo: nel mondo ci sono un miliardo e 415mila auto e prima di sostituirle tutte passeranno molti decenni”. Insomma, si tratta di un grande obiettivo che richiede grande impegno e tempi lunghi.

E proprio qui sta il punto. Non sarà la transizione ecologica a far ripartire il mercato dopo il crollo delle immatricolazioni nei due mesi di lockdown. Ciò che serve adesso secondo il presidente del Centro Studi Promotor, è fare degli incentivi anche per le vetture non ecologiche. In Francia, ad esempio, sottolinea, “Macron ha annunciato un piano che prevede rottamazioni anche per l’acquisto di diesel ed Euro 6. Se qui in Italia non si pensa di incentivare anche le alimentazioni tradizionali con incentivi alla rottamazione, secondo me il mercato italiano è destinato ad avere grossi problemi”. 

Oggi – è il ragionamento – l’incentivazione delle auto ecologiche ha dei limiti perché le soluzioni offerte non sono ancora alla portata di tutti, soprattutto per quel che riguarda il prezzo. Ma se pensiamo all’elettrico anche per quello che riguarda la rete di alimentazione, che non è ancora capillare come dovrebbe.

L’anno scorso lo stanziamento per gli incentivi è stato esuberante per le auto ecologiche e quest’anno è stato rafforzato, però bisogna estendere la possibilità di avere un bonus anche per l’acquisto di vetture tradizionali, a benzina e diesel, e metano e Gpl rottamando una vettura vecchia”.

Questa per Quagliano è la formula che può dare i numeri importanti di cui il mercato italiano ha bisogno, “perché a marzo e aprile le immatricolazioni sono state molto vicine allo zero. Va benissimo l’auto elettrica – ribadisce – ma occorre tempo per la transizione e nelle more bisogna andare avanti con le soluzioni tradizionali”.

Quindi ricorda come il piano da 8 miliardi di euro annunciato da Macron per il settore dell’auto in Francia “ci dimostra come Parigi sia molto presente. E lo è sia nel capitale delle aziende, sia con progetti che consentano lo sviluppo delle potenzialità del mercato e della produzione di automobili. Noi siamo partner Fca con Psa – prosegue – quindi le risorse che la Francia dedicherà allo sviluppo dell’automobile in qualche modo interesseranno anche l’Italia (ovvero Fca), ma ci vuole anche un impegno diretto del nostro Paese perché il settore dell’auto, complessivamente considerato con l’assistenza, le assicurazioni e la manutenzione, vale oltre il 10% del Pil”.

Quindi, insiste, “non possiamo permetterci che vada in crisi”. Il pensiero va al forte incremento alle immatricolazioni con incentivi alla rottamazione come quelli del 1997 che, ricorda l’esperto, “determinarono un incremento delle vendite del 38%, un incremento del Pil dello 0,4% e diedero anche la possibilità allo Stato di recuperare tutto l’investimento fatto perché l’Iva sulle vetture vendute in più coprì più che completamente i costi degli inventivi. È una formula che ha funzionato – ha concluso – e non si vede perché non si possa ripetere oggi”.

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Fonte: economia agi