E’ uno dei più importanti rinvenimenti della pittura riminese del Trecento e, in generale, della storia dell’arte medievale
Entusiasmo ed emozione. Come se si fosse scoperto un tesoro. Alla Chiesa di Santa Croce di Villa Verucchio, insieme all’Ordine dei Frati Minori di Verucchio si sono alzati i veli sugli affreschi trecenteschi ritrovati e che sembrano far emergere la mano felice di Pietro da Rimini e della sua fiorente bottega. Tutto nasce due anni fa: Frate Federico è al lavoro per piccoli interventi sopra al coro ligneo e, incuriosito, decide di legare il suo cellulare a un filo e di calarlo nella fessura fra il coro e il muro con la telecamera accesa.
Riesce a catturare l’immagine di un’antica pittura medievale del Cristo in Pietà, custodita in una nicchia. Gli esperti stabiliranno de davvero, come pare, è opera di Pietro da Rimini. Comunque è uno dei più importanti rinvenimenti della pittura riminese del Trecento e, in generale, della storia dell’arte medievale. In questi mesi s’è svolta un’intensa attività: gli affreschi sono stati puliti e messi in sicurezza. Ora è possibile ammirare quanto recuperato, ma è anche il momento per rilanciare verso nuovi obiettivi e altre possibili scoperte.
Grazie alla curiosità di Frate Federico e all’interessamento dei Frati francescani, assistiti dall’architetto Claudio Lazzarini, come pure all’attenzione del Comune di Verucchio, della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini e del Rotary Club Rimini, nella Chiesa di Santa Croce di Villa Verucchio, è quindi venuta alla luce una configurazione artistica di grande rilievo e ottima fattura.
Il tavolo di lavoro attivato, sotto la supervisione scientifica della Soprintendenza, coinvolge oltre alle istituzioni citate, i restauratori Romeo Bigini e Floriano Biagi, l’architetto Lazzarini e Alessandro Giovanardi, storico dell’arte.
Il progetto di smontaggio del coro ligneo s’è avviato a fine maggio scorso e già alle prime operazioni s’è scoperto che la parete attorno alla nicchia portava traccia di altre pitture che dovevano coprire interamente l’abside. Da maggio a settembre i lavori sono proseguiti spediti: gli affreschi sono stati puliti e messi in sicurezza.
L’obiettivo dei promotori è ora quella di proseguire le indagini, i restauri e il riallestimento dell’abside recuperando la forma originaria, e valorizzando il prezioso coro. Inoltre, è stato smontato il Crocifisso duecentesco che, sotto le spesse ridipinture, dovrebbe nascondere la mano di un maestro vicino ai modi di Giunta Pisano e di Cimabue.
Alla presentazione, questa mattina sono intervenuti coi saluti inziali Stefania Sabba Sindaco di Verucchio, Mauro Ioli Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, Padre Bruno Miele Guardiano del Convento e Attilio Gardini Presidente Rotary Club di Rimini.
A dare il giusto spessore alla straordinaria scoperta Federica Gonzato, Soprintendente per le Provincie di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini e Giovanni Carlo Federico Villa, Storico dell’Arte Università degli Studi di Bergamo. A seguire, visita guidata agli affreschi insieme allo storico dell’arte Alessandro Giovanardi e al restauratore Romeo Bigini.
Giudizio unanime: è una scoperta che fa tremare i polsi, uno dei più importanti rinvenimenti della pittura riminese del Trecento e, in generale, della storia dell’arte medievale tout court: un termine di paragone è il ritrovamento degli affreschi trecenteschi nella chiesa riminese di San Giovanni Evangelista (Sant’Agostino), avvenuto nel 1916 contemporaneamente agli eventi sismici che, in quell’anno infelice di guerra, devastarono la città.
Alla chiesa conventuale di Santa Croce a Villa Verucchio, d’altra parte, è nata da una delle più belle leggende francescane. Il Santo di Assisi si fermò a pregare e a riposare. Esisteva già una cappella rustica, e dal suo bordone piantato a terra nacque il cipresso monumentale che a tutt’oggi domina il chiostro.
La Chiesa è stata oggetto dal XIII al XX secolo d’importanti interventi architettonici e artistici, ma i suoi tesori più suggestivi appartengono al Basso Medioevo, a partire dalla croce duecentesca, sospettata a lungo di essere una copia di un originale perduto, ma il cui testo pittorico, in verità, riposa dietro a molte ridipinture. Anche su questo prezioso manufatto, unico nel territorio riminese a riprendere il modello canonico bizantino del Christus patiens, adottato da Giunta Pisano e Cimabue, si attendono fondamentali rivelazioni dal futuro restauro.
Fonte: https://www.riminitoday.it/