La stretta di mano tra Biden e Putin


È iniziato con una stretta di mano, in barba a tutte le misure anti-Covid, il primo vertice tra il presidente americano Joe Biden e l’omologo russo, Vladimir Putin. A ospitare l’atteso summit è Villa La Grange a Ginevra, in Svizzera, dove i due leader parleranno per 4-5 ore, prima di tenere due conferenze stampa separate.

Con loro, ci sono i rispettivi capi della diplomazia, Antony Blinken e Sergei Lavrov, mentre le delegazioni allargate li raggiungeranno più tardi. “È sempre meglio incontrarsi faccia a faccia”, ha esordito il capo della Casa Bianca, rivolgendosi al leader del Cremlino che lo ha ringraziato per aver preso “l’iniziativa di incontrarsi”, augurandosi che l’incontro “sia fruttuoso”.

Biden è arrivato in città ieri, ultima tappa del tour europeo dopo il G7 in Cornovaglia e il summit Nato e con l’Ue a Bruxelles, in cui ha reclutato gli alleati nella ‘guerra’ contro i regimi autocratici. Putin ha raggiunto la villa in tardi mattinata, stranamente in orario: il leader del Cremlino è famoso per far attendere a lungo la controparte, non meno di 45 minuti; non si è salvato nessuno negli anni, neanche il Papa, che nel 2015 attese per oltre un’ora al Vaticano che si presentasse.

La scelta di Ginevra rimanda al vertice tra Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov nel 1985: la villa, controllata da imponenti forze di sicurezza, è simmetrica e permette ai due leader di avere lo stesso quantità di stanze e di spazio a disposizione, ha sottolineato un funzionario svizzero del protocollo. I due leader arrivano all’incontro nella consapevolezza che le relazioni tra i due Paesi sono ai minimi dai tempi della Guerra Fredda.

“Ci sono molte questioni che si sono accumulate nelle relazioni tra Russia e Usa che richiedono una discussione al più alto livello”, ha sottolineato il leader moscovita. Nel lungo ‘cahier de doleances’ di Washington ci sono i cyber-attacchi contro istituzioni e aziende Usa, le interferenze nelle ultime due elezioni presidenziali americane, violazioni dei diritti umani e l’aggressione contro l’Ucraina.

In agenda, anche la stabilità strategica, il clima, il mondo post-pandemia, oltre a tutte le crisi regionali, dall’Ucraina alla Siria, passando per Libia, Afghanistan e nucleare iraniano. Verrà sicuramente affrontato il ‘caso Navalny’ e quello dei due ex marine statunitensi, trattenuti in Russia, Paul Whelan e Trevor Reed.

Il capo del Cremlino ha già negato tutte le accuse sollevate nei suoi confronti, compresa quella di essere il responsabile del tentato avvelenamento dell’oppositore Alexsei Navalny; Mosca sta semplicemente sfidando l’egemonia Usa nell’ottica di un mondo “multipolare”, è la tesi.

Il consigliere per gli Affari Esteri, Yuri Ushakov, ha sottolineato alla vigilia dell’incontro che le relazioni sono arrivate a un “impasse” e non c’è molto spazio per l’ottimismo; sulla stessa linea, il team di Biden che non si aspetta “una grande serie di risultati”. L’obiettivo principale del presidente americano è stabilire in modo chiaro quali siano le “linee rosse”, senza cercare il conflitto ma senza tirarsi indietro “se la Russia continuerà con le sue attività dannose”.

La Russia e il suo pericoloso dinamismo militare ai margini dell’Europa orientale è stato definito “una crescente minaccia alla sicurezza dell’area euro-atlantica” durante il vertice Nato, che ha messo l’accento sull'”instabilità lungo i confini e oltre”. Retorica a parte, c’è spazio per una cooperazione limitata su temi di mutuo interesse, come ha dimostrato il trattato New Start. Tra i primi passi possibili, il ritorno dei reciproci ambasciatori, ritirati alla luce di recenti tensioni. 

Source: agi