Il vero problema del tessuto economico meridionale non è, come erroneamente si potrebbe pensare, la mancanza di capacità e di spirito imprenditoriale, ma l’attuale, estrema difficoltà che incontrano gli imprenditori del Sud ad avviare efficaci processi di trasformazione delle dimensioni delle proprie aziende
di redazione
Quando, all’inizio del 2020, è cominciato il diffondersi ed il progressivo aggravarsi della pandemia di Covid 19 e sono state imposte dal governo le conseguenti misure restrittive, arrivate fino alla chiusura per mesi di molte attività, la maggior parte delle realtà imprenditoriali di minori dimensioni, in tutto il Paese, sono cadute in ginocchio.
Ancor di più le ricadute negative dell’emergenza sanitaria hanno colpito le micro e piccole imprese nel Sud Italia. Nelle regioni del Mezzogiorno, dopo un periodo di ripresa economica durato fino al 2017, a partire dal 2018 il sistema produttivo aveva subito un brusco rallentamento. Allo scoppio della pandemia, nei primi mesi del 2020, le prospettive future già apparivano quanto mai incerte, nascevano sempre meno nuove imprese a fronte di un crescente tasso di mortalità delle nuove realtà imprenditoriali.
Malgrado le difficoltà, allo scoppio della pandemia, nel nostro Mezzogiorno alcune misure, come, ad esempio, “Resto al Sud”, erano ancora capaci di promuovere l’apertura di attività imprenditoriali da parte dei giovani.
Il Covid e le misure restrittive hanno reso tutto più difficile e problematico, accentuando la tendenza dei giovani, soprattutto quelli dotati di un elevato grado d’istruzione, ad allontanarsi dalla propria terra.
Il vero problema del tessuto economico meridionale non è, come erroneamente si potrebbe pensare, la mancanza di capacità e di spirito imprenditoriale, ma l’attuale, estrema difficoltà che incontrano le realtà imprenditoriali ad avviare efficaci processi di trasformazione delle dimensioni delle proprie aziende. Piccolo non è più bello come una volta, ma è raro vedere nelle regioni del Sud una micro o una piccola azienda trasformarsi, rispettivamente, in piccola o media impresa, così come le medie imprese difficilmente raggiungono le dimensioni che caratterizzano le grandi aziende.
Per ritornare ai livello pre-crisi e proporsi validamente obiettivi di sviluppo del tessuto economico meridionale è necessario “aprire” i soggetti imprenditoriali ad una nuova cultura d’impresa così come alla prospettiva di attrarre nuovi capitali da parte di potenziali investitori e di accedere ai mercati internazionali.
Perché una simile trasformazione possa verificarsi, servono azioni mirate da parte delle istituzioni, con l’obiettivo di far crescere le competenze e cultura imprenditoriale nelle PMI del Meridione. In particolare, occorrono specifici percorsi formativi sugli aspetti finanziari e manageriali, nonché per favorire l’internazionalizzazione delle imprese.
Oggi più che mai servono interventi economici e finanziari di sostegno allo sviluppo dimensionale delle imprese, come gli incentivi per le start up e le PMI innovative, o i mini-bond. Il rafforzamento della struttura patrimoniale delle imprese è il primo, indispensabile passo per far ripartire e crescere l’intero sistema produttivo nel Mezzogiorno d’Italia (e non solo).
Dopo i primi segnali di ripresa registrati in questi ultimi mesi, con risultati economici incoraggianti dopo il crollo dell’anno scorso, le maggiori speranze si concentrano sulla possibilità di inserire le PMI meridionali (e non solo) negli investimenti legati all’attuazione del Pnrr. Ma perché ciò possa avvenire le piccole e medie devono accelerare un percorso verso l’eccellenza, rendendosi più solide e robuste, più capitalizzate, più aperte e maggiormente capaci di servire una clientela internazionale.
Le criticità e gli ostacoli non mancano di certo, primo tra tutti il ruolo delle banche nel supportare i programmi di sviluppo aziendale e dei governi territoriali nel contenere i condizionamenti esterni e creare i servizi e le condizioni strutturali, a partire dal rafforzamento dei distretti industriali, necessari a far risalire gli indicatori economici. Da Roma a Palermo urgono infrastrutture materiali e immateriali capaci di rafforzare il tessuto economico del Mezzogiorno, in modo tale da superare la crisi più grave degli ultimi decenni e aprire la strada per passare da un semplice rimbalzo ad una crescita sostenuta e duratura.