LA SCUOLA ITALIANA FA BINGO!


Niente pagelle e voti per gli studenti, ma i docenti saranno valutati: ipotesi allo studio

di Anna La Mattina

Non è un caso se nel nome, Dicastero della (pubblica) Istruzione, è sparita proprio la parola “pubblica”, lasciando la più accattivante e compiacente tra le diciture: “Ministero dell’Istruzione”. E si…perché le parole hanno un peso, un significato proprio… e la parola “pubblica” ci indicava che l’istruzione in Italia era proprio di tutti, a beneficio dei cittadini, di tutte le classi sociali, secondo i diritti sanciti dalla Costituzione.
Adesso di pubblico, nell’Istruzione, rimane lo sfascio, che è sotto gli occhi di tutti (ne abbiamo già parlato, per chi ci segue), in chiave critica ma costruttiva, in articoli precedenti. L’atto finale della rottamazione di “renziana” memoria, sembra essere proprio l’ultima “trovata” del Governo Draghi, sottoscritta dal suo Ministro Patrizio Bianchi, con la firma dell’ “atto di indirizzo” in materia di istruzione (o dIstruzione), il quale sostiene: “occorre promuovere e potenziare l’attività di valutazione delle scuole, dei dirigenti scolastici e del personale docente” e a tal fine “è importante dare avvio ad un processo di revisione e di rafforzamento del Sistema Nazionale di Valutazione” Vediamo come, secondo tale logica, potrebbe essere misurato l’operato dei professori.
Premesso che, soltanto una settimana fa, quando fece capolino la notizia (del voto ai professori) in fuga dai corridoi del Ministero, Bianchi ha smentito categoricamente, ai microfoni di RAI NEWS 24, cercando di minimizzare e di tranquillizzare il popolo della scuola; ma la notizia della sua firma sull’atto d’indirizzo è stata ben presto confermata successivamente, incontenibile ed inoccultabile, per cui occorre parlarne, per capire bene di che si tratta.
L’atto d’indirizzo del 2022 è un documento politico che elenca le priorità del MI, con una serie di ipotesi allo studio: il ministero ci spiega che stanno lavorando nella direzione della valorizzazione e della formazione del personale e al miglioramento della valutazione del sistema scolastico nel suo complesso, però non con l’obiettivo di assegnare “voti”, ma per garantire una sempre maggiore qualità dell’offerta formativa, da garantire a studentesse e studenti.
In fede a questa tesi, il Ministero dell’istruzione prevede anche il potenziamento del corpo ispettivo, “visto” come sostegno alle scuole e alla loro autonomia.
Intanto i sindacati (e non solo loro!) si sono accorti che si sta cercando di utilizzare l’INVALSI anche per il personale docente e mettono (giustamente) le mani avanti.
Il Sistema Nazionale di Valutazione, a cui fa riferimento il documento del Ministero e che, a suo dire, va potenziato, è composto proprio dal contingente ispettivo e dall’INVALSI (che ricordiamo essere ente privato, con personalità giuridica di diritto pubblico e che merita considerazioni a parte), il cui modello dei test è molto criticato dal mondo della scuola, nel suo complesso e spesso è stato boicottato dagli stessi studenti.
L’Associazione dei presidi, attraverso il loro presidente Antonello Giannelli, sostiene di “essere sempre stata favorevole alla valutazione degli insegnanti; anche se la cultura della meritocrazia dei dipendenti pubblici non è sempre praticata”; e aggiunge: “dubito che l’INVALSI possa essere utilizzato a questo scopo, è uno strumento diagnostico che serve per decidere la metodologia didattica da utilizzare nelle scuole”. Inoltre specifica che “dai risultati degli studenti non è direttamente deducibile il valore del professore”.
Il Presidente Giannelli chiosa, dicendo che “è necessario dare un ruolo maggiore ai presidi e ai Comitati di Valutazione interni alle scuole”, già previsti, da alcuni anni, anche nelle scuole italiane, composti da docenti e dai presidi, utile per una valutazione dall’interno e soprattutto “collegiale”. Visione quest’ultima che mi trova, personalmente, d’accordo (in mancanza d’altro)!
Tenuto conto di quanto illustrato, alcune domande sorgono spontanee.
Siamo ancora in democrazia? Quanto della Costituzione, in fatto d’istruzione, viene ancora applicato? Verso dove stanno conducendo il nostro Paese e cosa vogliono farne dell’Italia? Di chi è veramente la responsabilità del “basso livello” formativo degli studenti italiani? E soprattutto, chi dovrà pagarne il conto?
La scuola è il barometro di una determinata società. Agli italiani l’ardua riflessione e soprattutto le possibili risposte.
(Nella foto: il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi)