La riscoperta della merende e gli altri riti sociali nella seconda ondata del Covid


Le pantofole con pelliccetta nera intonata ai calzini di Ilary Blasi, la felpa rosa salmone di Chiara Ferragni , i “task pants” (come quelli “cool” chiamano i pantaloni simil-tuta) della regina della moda Anne Wintour, il rito sociale dell’aperitivo anticipato all’ora della merenda o addirittura sostituito con la colazione al bar. Non siamo ancora al “sono già le 10 devo fare pranzo” della gag dell’attore comico Paolo Camilli che su Facebook inscena una telefonata a un ristorante  dove prenota “la cena alle 17 e l’aperitivo alle 16”.

Ma coprifuochi e regole varie anti Covid  dell’Italia multicolor giallo-arancione-rosso, infliggendo un indubbio colpo alla socialità stanno però stimolando nuovi business italici,  concentrati soprattutto sull’homewear o loungewear che dir si voglia e estri personali all’adattamento, con innesti convivial-creativi come il compleanno con invitati a turno appena messo in scena dalla scrittrice Lia Levi.

Per i suoi 89 anni, racconta all’Agi, in obbedienza alla raccomandazione governativa di limitare gli inviti casalinghi, ha convocato due persone ogni ora: “Per maggiore prudenza rispetto al contagio, quando è stato il turno dei miei nipotini in età scolastica ho preferito incontrarli all’aperto, sotto casa, anziché riceverli al chiuso, e così il mio è stato anche un compleanno in ascensore e in mascherina, sicuramente memorabile” scherza la scrittrice che ha aggiunto un tassello ai nuovi riti sociali escogitati da adulti e soprattutto giovani. Fatti di riscoperta della merenda, di diciottesimi tristemente declinati in inviti a pranzo “con tre tavoli da quattro amici, tutti tamponati dopo la positività di uno della loro cerchia”, come chiarisce Paola Troncarelli, madre di due ragazzi, e anche, come racconta ad Agi Barbara Mattei, madre di una sedicenne, dallo sfrondamento della cerchia degli amici a favore di una o due prescelte promosse a congiunte, “per dormire in tranquillità a casa dell’una o dell’altra” . Ovviamente dotate di tute e pigiami modaioli che non sfigurino sull’inevitabile reportage Instagram o Facebook.

Che l’abbigliamento da casa e quello sportivo sarebbero state le due principali tendenze autunnali l’avevano già previsto a fine estate gli analisti di  Retviews, prendendo in esame i prodotti  online in Francia, Italia e Germania di quindici brand  e anticipando il dominio di felpe e cardigan, meglio se in tessuti ecologici, incentrati sui colori marrone, terracotta, castagno, rosa polvere e beige, tanto per sottolineare il mood depressivo..

La seconda ondata, con la chiusura di bar e ristoranti alle 18 e il nuovo avvento dello smart working ha fatto il resto, archiviando look ricercati, outfit eleganti ma anche pigiama e tute impresentabili e spesso infarinate sfoggiate nel primo lockdown, quando non c’era stato il tempo per rinnovare il look da casa. Oggi spopolano invece  le linee dedicate, come la “Comfy”  di Mango, un nome e un programma a base di  pantaloni e maglie larghe, e prodotti di lusso come tute di cashmere o pantaloni larghi piumati stile boa da star hollywoodiane.

E ancora gli Ugg, gli iconici stivali piatti che incredibilmente tanto piacciono alle celebrities declinati in pantofole di pelliccia, alla pari dei sandali Birkenstock, mentre il marchio Leslipper propone  pantofole di velluto con profili in raso a contrasto, una roba in stile  Flavio Briatore insomma. Ma, trovate di lusso a parte, basta farsi un giro nei mercatini rionali per accorgersi che i banchi dove ci assembra pericolosamente di più sono quelli che vendono pantofole, morbide vestaglie di ciniglia e tute varie, e anche quelli che smerciano lenzuola e piumini. Si cerca di abbellire insomma il contenuto (noi) e il contenitore (la casa) come conferma all’Agi la direttrice di Caleffi, tra i negozi  con più clienti di Castel Romano Outlet in questo momento storico-sanitario: “Assistiamo a una ricerca del fashion casalingo, comprano piumini per il letto, lenzuola, asciugamani e accappatoi- analizza – dovendo trascorrere per forza più tempo a casa si sente l’esigenza di svecchiarla”.

Riguardo al rifacimento del look personale casalingo, la psicoterapeuta Marinella Cozzolino spiega all’Agi  che si tratta di un’esigenza innescata dal primo lockdown, quando ci siamo resi conto di non essere sempre così presentabili nei collegamenti Zoom: “Adesso è diventata una pratica per noi stessi, che noi psicoterapeuti incoraggiamo, perché vedersi con qualcosa di pratico ma carino indosso e anche magari con un filo di rossetto aiuta le difese immunitarie, mentre trovarsi davanti allo specchio spettinati e trasandati ci fa sentire in qualche modo malati anche se non lo siamo”.

Il look accurato, sottolinea, aiuta anche a dare la giusta importanza al lavoro che svolgiamo in smart working (“Non a caso molte scuole private impongono la divisa anche agli allievi in didattica a distanza”) e chiarisce non è solo un’esigenza femminile: “Mio marito vende abbigliamento maschile e mi racconta che ultimamente sono tanti gli uomini che chiedono “una tuta che non sembri una tuta”. Era ora.