All’indomani della grande manifestazione di Londra e con la petizione on line per scongiurare la Brexit che ha superato 5 milioni di firme, traballa la poltrona della premier britannica, Theresa May, mentre l’ipotesi di un secondo referendum, chiesto a gran voce da un milione di persone in piazza, non sembra più così remota.
C’è aria di rivolta nel governo conservatore di Londra: secondo quanto riferito dai media locali, diversi ministri vogliono un leader ad interim per completare il processo della Brexit. Secondo il Sunday Times, fino a 11 membri del governo avrebbero dato alla May un ultimatum: lasciare, o fissare una data per farlo, in cambio del loro sostegno all’accordo. Inoltre, almeno sei ministri importanti vorrebbero che il vice di May, David Lidington, prenda la guida dell’esecutivo fino a nuove elezioni.
Secondo il giornale, in una riunione del governo in programma domani, i ministri minacceranno le dimissioni in massa. Michael Gove, un esponente di punta del movimento pro-Brexit nel referendum del 2016, e il ministro degli Esteri Jeremy Hunt sono gli altri nomi che riscuotono un certo consenso tra i colleghi.
I diretti interessati hanno subito smentito, confermando l’appoggio alla premier. Ma l’isolamento di May, sia a Londra che a Bruxelles, è evidente negli ultimi mesi. L’accordo di divorzio da lei raggiunto con l’Ue è stato sonoramente bocciato già due volte, e la stessa premier ha gi avvertito che, senza previo consenso, non chiederà un terzo voto a Westminster.
Il via libera del Parlamento è la condizione posta dall’Ue per accordare un breve rinvio dell’uscita. Molti Tory attribuiscono alla premier la responsabilità dello stallo ai Comuni. Di rivolta contro la May parlano anche il conservatore Telegraph e il Daily Mail e il primo segnala l’ex ministro dell’Istruzione, Nicky Morgan, pro-Ue, come possibile successore, per ricompattare il partito. Queste ipotesi hanno radici nel suo ruolo nel redigere il cosiddetto Compromesso di Malthouse per la Brexit, insieme a una coalizione di fedeli Brexiteers e alti parlamentari che hanno fatto una campagna per rimanere nell’Ue.
Intanto, nonostante un rallentamento da fine settimana, la petizione per la revoca dell’articolo 50 e quindi per non attuare la Brexit ha superato 5 milioni di firme e si attende ora la risposta dell’esecutivo mentre il Parlamento sta valutando se sottoporre la questione a un dibattito. Anche alla luce di questa petizione, ha spiegato il ministro delle Finanze, Philip Hammond, un nuovo referendum “merita di essere preso in considerazione”, anche se, ha aggiunto di non essere certo che l’ipotesi trovi il necessario sostegno in Parlamento. Per il cancelliere dello Scacchiere la priorità di Londra e’ “evitare il no deal”.
Vedi: La prospettiva di un nuovo referendum sulla Brexit è meno remota
Fonte: estero agi